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Quando sposarsi necessitava la “CADDARA DI RAME”

 

- di Rocco Giuseppe Tassone -

n.b. l’articolo, a firma di Rocco Giuseppe Tassone, è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista dell’Istituto della Biblioteca Calabrese di Soriano Calabro “ROGERIUS” n° 2/2011

 

Certo sposarsi è stato sempre un dilemma: dall’abito rigorosamente bianco e ricco di pizzi e merletti, alla cerimonia in casa o al ristorante, dall’anello alla dote della sposa. Già la dote! Ancora oggi si parla di dote che la sposa deve portare ma da questo atto notarile del 1905 leggiamo una dote alquanto curiosa ma per l’epoca importante e soprattutto non ci si sposava se la sposa non portava con se “a caddara”. La caldaia di rame nella quale si doveva preparare il maiale o il sapone di casa ma anche l’acqua per ‘a vucata. E tradizione vuole che “a caddara” venisse ereditata da madre in figlia, soprattutto quando non c’era la possibilità di acquistarne una nuova, ma anche in segno di augurio e prosperità. Mi è capitato rovistando tra le carte in occasione della morte di mio nonno l’atto notarile che riporto di seguito e che ritengo una testimonianza d’una cultura ormai superata ma non tanto lontana. 

“N° 112 Rep.Reg. n°1388 Rep. Not.

Donazione. Regnando Vittorio Emanuele 3°= Per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d'Italia = Lo annomillenovecentocinque il giorno trenta del mese di dicembre in Laureana di Borrello, nel mio studio notarile in via Borrello Vecchio n° 78 Avanti di me Signor Domenico Russo fu notar Francesco, notaro residente in questo suddetto Comune, iscrittto presso il Consiglio Notarile Distrettuale di Palmi alla presenza degli infrascritti due noti ed idonei testimoni per legge richiesti Signor: Corbo Bruno fu Antonio usciere di conciliazione nato e domiciliato in Candidoni e Figliucci Francesco di Giuseppe, commerciante nato e domiciliato in Laureana= Si sono volontariamente e personalmente costituiti i coniugi Maria Giuseppa Gallo fu Gaetano, donna di casa, nata in Candidoni e Lascala Francesco di Domenico, calzolaio nato in Polistena, che interviene nel presente atto tanto in nome proprio quanto per autorizzare la predetta moglie da una parte.

E dalla altra la comune loro figliola Maria Teresa Lascala di Domenico anco donna di casa, nata in Polistena= tutti di età maggiore, domiciliati nel comune di Candidoni e personalmente conosciuti da me notaro Dichiarano  i costituenti coniugi che maritandosi la prenominata figliuola con l'attuale di costei marito Scarmato Domenico, oggi residente in America, in occasione del matrimonio stesso, la madre di lei sopradetta Gallo, col consenso del marito faceva donazione di una casa palaziata come appresso descritta, ed inoltre tanto essa Gallo, quanto il marito unitamente promettevano di donare alla stessa al medesimo titolo il corredo d'uso, come in seguito designato.

Perciò per mancanza di moneta onde sopportare le spese dell'atto pubblico relativo, tale donazione rimase puramente verbale, sicchè oggi trovandosi essi coniugi di disporre del danaro occorrente dichiarano di voler fare con atto pubblico e rivestito delle forme legali quanto avevano fatto verbalmente. Perciò  col presente atto, la costituita Gallo assegna e dona irrevocabilmente  fra' vivi alla prenominata sua figlia Maria Teresa Lascala, una  casa palazziata composta di due vani. terreno e superiore sita in Candidoni sulla via Chiesa Vecchia n° 6, limitante con eredi Pasquale Tartaria, con eredi del sign.

Pietro Golotta e strada suddetta, riportata in quel catasto fabbricati in testa di essa donante allo art° 219 pel reddito di L. 15,00= Tutti e due poi essi coniugi compiendo la loro promessa fatta un anno dietro proprio all'epoca del matrimonio, alla loro figlia, donano ed assegnano a costei un corredo di beni mobili consistenti in oro e argento formanti due paia di orecchine due anelli, un fermaglio e due medaglie sagre, in tre coperte di cotone, in una caldaia e in una casseruola di rame, in tre paia di lenzuola in un letto completo con cavalletti in ferro, in otto salviette, in otto tovaglie da tavola, in otto asciugatoi, in sei vesti, in un tavolino di ciliegio, in due casse di abeto nuove, in tre fazzoletti di seta, in quattro camicette, in cinque sedie, ed in altri oggetti di uso, dei quali mobili la donataria dichiara avere ricevuto parte all'epoca del matrimonio, parte pochi giorni dietro, prima di questo atto e di averli trovati tutti di suo pieno compiacimento,nell'accettare essa donataria la donazione fattale sia dalla madre sola nonchè da tutti e due coniugi, rende loro vivi ringraziamenti.

I donanti dichiarano di aver fatto le rispettive donazioni alla prenominata loro figlia sulla quota disponibile di ciascuno di essi, con dispensa di collazione e riduzione, ed il supero dichiarano di averlo donato come lo donano, pei diritti di leggittima che a li spetteranno sulla successione materna e paterna.

Per gli effetti del registro si dichiara dalle parti costituente che la casa donata ha il valore di lire Duecento e altre Duecento valgono i mobili colla dichiarazione che l'apprezzo dei mobili non deve produrre proprietà e o alcuna al marito della donataria, essendo di assoluta spettanza di costei. Il solo Lascala Francesco si sottoscrive al presente atto avendo le altre dichiarato di non sapere nè leggere nè scrivere per  non aver mai appreso. Del che si è formato il presente atto del quale si è data da me notaro lettura in presenza dei testimoni alle parti che l'hanno confermato in ogni sua parte. Il presente atto venne scritto di alieno carattere su quasi quattro pagine di un foglio di carta legale. Firm=ti Lascala Francesco = Figliucci Francesco = Corbo Bruno = Domenico Russo fu notaro Francesco notaro”.  

Bene forse è il caso di dire “figli maschi!”.

Ultima modifica il Sabato, 08 Ottobre 2016 14:48
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