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Disintegrazione etnica

 

- di Rosario Fodale -

 

Da trapanese non residente mi sono posto un problema che sicuramente è stato affrontato in precedenza da tanti abitanti di Trapani, ( trapanesi per nascita e per vocazione) di Rometta, Spadafora, Limina ecc. che hanno capito quale situazione si è determinata nel tempo, nelle loro città che per tantissimi secoli ha dato alla luce i propri figli nel proprio territorio costituendo quell’elemento essenziale tipico di una comunità cittadina.

Mi accorgo, verificando lo stato attuale, che stanno venendo meno quelle condizioni naturali che hanno fatto di queste città – nella storia - una sintesi di luogo di aggregazione con la sua comunità, lasciando ai Comuni di Erice, Messina, Milazzo, Taormina, ecc di evolversi in autonomia nel proprio territorio e con i propri figli.

E’ proprio nella natura degli uomini avere come ascendenza naturale una genitrice dalla quale i figli vengono alla luce per poi sentirsi grati e orgogliosi di quel connubio. E nella realtà è proprio così: i cittadini si sentono figli della propria città, del proprio paese, del proprio borgo, della propria frazione, non già come fatto estraneo alla propria natura, ma come rapporto diretto con il luogo di nascita.

In queste città come Trapani, Rometta, Spadafora ecc , ricche di storia, di tradizioni, di cultura è forse possibile ritenere che è superabile una suddetta situazione; e cioè che i propri cittadini debbano sentirsi privati di una naturale rapporto che si configura come uno status vero e proprio, la cittadinanza.

Poiché la situazione di Trapani e di tante città è un po’ atipica in quanto le nascite verificandosi nelle strutture ospedaliere influenzano l’appartenenza anagrafica al comune dove è avvenuto l’evento venendosi a ridurre così l’appartenenza di origine reale; ciò cosa comporta che le nascite avvengono nella vicina Erice sia per i suoi abitanti che per quelli di Trapani, e di Rometta, Spadafora , Limina a Messina.

La conseguenza è ovvia vengono alla luce solo cittadini di comuni diversi. Così perdurando la situazione , nel tempo si arriverà ad avere in questi centri dove non c’è ospedale cittadini nati altrove. Non interpelliamo i nostri avi perché sicuramente avrebbero modo di ridere sul paradosso.

Chi avrebbe immaginato non molto tempo fa una così strana prospettiva? Poiché sembra che la soluzione ad un siffatto problema non abbia amatori, sia cittadini comuni, che uomini di cultura o addirittura politici mi chiedo cosa non si debba continuare a non fare per eliminare questi cittadini.

Il giudizio spetta a chi ha cuore quanto mi permetto di fare presente, sia pure con le dovute mie considerazioni. Gradirei che un po’ tutti si sentissero sensibilizzati di fronte ad un problema così importante per trovare la giusta soluzione, con le iniziative che si terrà opportuno prendere, in particolare da parte della persone preposte alla gestione della cosa pubblica. Grato verso tutti, ma anche verso chi ha già intrapreso iniziative che vorrà pubblicizzarle.

Ultima modifica il Sabato, 08 Ottobre 2016 14:57
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