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FRAMMENTI PER LA STORIA DELL’ISOLA DI MARETTIMO - Marittimo, Clerus insulae -

 - di Gino Lipari -

La prima presenza di religiosi cristiani a Marettimo risale al periodo in cui Belisario liberava la Sicilia dai Goti.

Nella vicina Trapani il generale di Giustiniano nel 535 edificava tre chiese di rito greco.

La chiesa dell’Ascensione, quella di Santa Caterina della Rena e la chiesa di S. Sofia.1

Quest’ultima fu affidata a dodici monaci di rito orientale.

Alcuni di questi religiosi si trasferirono poi nelle isole Egadi ed andarono ad abitare gli “antichi casali”. 2

A Marettimo si insediarono sul piano denominato “case romane” dove utilizzarono, quale loro abitazione, l’edificio che era stato abbandonato dai romani.

Accanto a questo i monaci edificarono la loro chiesa sotto il titolo di San Simone. 3

Furono dei religiosi molto attivi. Oltre alla preghiera e alla meditazione, secondo la regola del loro Santo4 praticarono anche l’agricoltura e utilizzarono la piccola sorgente d’acqua esistente sul luogo e commercializzavano i loro prodotti con le navi in transito da Marettimo.

Con cognizione idraulica, incanalarono, le acque della sorgente, in una cisterna fino a farle confluire, per il tramite di un sistema a catusato, sulla riva del mare consentendo così alle navi della loro patria, che praticavano il commercio con la Sicilia e l’Africa, di far tappa nell’isola e rifornirsi di acqua potabile.

La stazione, gestita dai monaci basiliani, fu utilizzata anche durante il periodo delle Crociate dove al traverso di Marettimo incrociavano le principali rotte da e per la terra Santa.

L’attività di questa piccola comunità di religiosi, che gerarchicamente dipendevano dall’Archimandrita di Messina, si spense, a Marettimo, soltando “al tempo della guerra fra il re di Napoli e gli Aragonesi”. 5

Occorrerà attendere il XVI secolo per registrare nell’isola la presenza dei sacerdoti cattolici.

Questa coincise con la costruzione del Castello di Punta Troia dove all’interno sorse la chiesa di Santa Maria delle Grazie.

Furono i Regi Cappellani, che il re nominava ed inviava nelle sue fortezze al servizio spirituale dei soldati.6   Percepivano regolarmente il “soldo” dal Real Patrimonio e nella gerarchia militare del presidio militare erano secondi soltanto all’autorità del comandante.

La consistenza delle anime del castello di Punta Troia oscillava, nei secoli XVI e XVII tra le 30 e le 60 unità8 secondo le relazioni “ad limina” 7dei vescovi di Mazara.

Ad amministrarle fu un clero, formato da sacerdoti istruiti. Erano, teologi o predicatori, rampolli dell’aristocrazia siciliana, che venivano avviati alla vita sacerdotale dalle proprie famiglie, perchè queste, attraverso il loro congiunto, intravedevano la possibilità di ricavarne privilegi e benefici economici, non che la possibilità di esercitare un controllo anche sul ramo ecclesiastico.

All’interno del forte i Cappellani svolgevano il loro ministero nella celebrazione dei riti religiosi e nella somministrazione dei Sacramenti ai militari di presidio e alle loro famiglie, non che ai relegati e carcerati che, per conto dei diversi fori, si trovavano rinchiusi nel castello per espiare la pena .

Ma il loro ufficio non era limitato soltanto all’attività sacerdotale. Svolsero nell’isola “In defectio”, compiti di pubblico notaio e rogarono atti, apoche e procure riguardanti i residenti nel castello che, a diverso titolo, non poteva abbandonare il presidio.

Così come accadde nel 1757 al relegato Giuseppe de Giober, che dovendo tenere a battesimo il figlio di un militare di Favignana, in servizio nel castello di Marettimo, ricorse all’ufficio del Regio Cappellano.

D. Melchiorre Alionora Reggio Capp.no Interino del Castello dell’Isola del Marettimo, faccio piena ed indubitata fede, per mancanza di Notaio, come il Relegato D. Giuseppe de Gioben volontariamente ha eletto e nominato per suo Procuratore al Signor Aggiutante Maggiore del Castello di S. Giacomo dell’Isola di Favignana D. Giuseppe Canino, dandogli potere e facoltà di tenere in suo nome secondo il rito della nostra S.ta Madre chiesa al sacro fonte battesimale della Parrocchia di Favignana al figlio, o figlia, nata, o sia per nascere, da Ninfa di Bono moglie di Francesco Sanna naturale dell’isola di Favignana; ed in fede del vero perché detta procura sia valida ed abbia il suo effetto ho fatto la presente siggillata col nostro sigillo. Marettimo li 2 luglio 1757. Testimoni Nicolò Beltrano, e Gioacchino Guerino. Sacerdote Don Melchiorre Alionora Reggio Cappellano Curato.” 9

Il sigillo, in dotazione al Regio Cappellano, riproduceva l’immagine della Madonna delle Grazie e veniva apposto accanto alla firma del sacerdote su ogni documento di servizio che i Comandanti del castello inviavano alle Autorità militari o all’amministrazione dell’Erario.

Diversamente questi documenti non avevano alcuna validità giuridica.

Alti incarichi rappresentarono per i Regi Cappellani il redimere gli eretici che, scampati al rogo del Tribunale della Santa Inquisizione, erano stati condannati dal Santo Uffizio alla relegazione perpetua nell’isola.

Pertanto si fregiavano anche del titolo di Rappresentante dell’Inquisizione come si legge da una procura del 15 dicembre 1765 rogata dal Sacerdote Alionora.10

“Ego infrascrittus Regius Cappellanus et Commissarius Santiss.ma Inquisitionis huius Castri Maretimi ob defectum pubblici Notaris fidem facio qualiter Marcus Torrente .….” 11

mappamarettimoL’autorità dei Regi Cappellani spesso travalicava anche le peculiarità del comandante del forte tanto che nel luglio 1803 fu proprio il sacerdote e non l’ufficiale a chiedere alla secrezia la fornitura del grano necessario al fabbisogno del castello.

“Fra Fedele Scalabrino teologo e predicatore dell’ordine di nostra Signora della Mercè e Primo Regio Cappellano e Curato dell’Isola e Forte del Maretimese. Faccio Fede a chi spetta veder la presente, come dalla Piazza maggiore, ed intiero Distaccamento della Compagnia di Dotazione si è dato l’assenso pello disbanco delle solite onze 26. 20. 19 che si fa dalla V. Tesoreria pella consueta compra de frumenti, onde in attestato della necessità mi soscrivo di mio proprio pugno, e autentico la presente con il Sigillo della Parrocchiale Chiesa di mio carico sotto titolo di Maria SS. Delle Grazie. Maretimo li 16 Luglio 1803. Fra Fedele Scalabrini, Primo Regio Cappellano e Curato.” 12

Una disposizione del Real Patrimonio ,del 1 ottobre 1791, stabiliva che a tutti i Regi Cappellani spettavano due mesi di licenza retribuiti per ogni anno di servizio prestato nei castelli.

Di tale beneficio, il 28 settembre 1825, si avvaleva Padre Bonaventura Piombi, figlio del Barone Don Leonardo Piombo di Trapani e Cappellano di Marettimo, che ebbe corrisposte, a tale titolo, sei once dalla secrezia “per i due mesi di licenza usufruiti nei mesi di Marzo ed Agosto del 1825”. 13

Con l’avvento dei Borboni, sul finire del XVIII, e per i rivolgimenti politici, la popolazione carceraria del castello di Punta Troia diventava più consistente .

In pari tempo iniziava anche il popolamento di Marettimo con la configurazione del primo villaggio dell’isola che prese il nome di S. Simone.

L’aumento demografico dell’isola poneva anche alla diocesi di Mazara, nella cui giurisdizione ricadeva Marettimo, la necessità di istituire nelle isole Egadi nuove parrocchie .

Bartolomeo Castelli, vescovo di Mazara, sin dal 1696, anno del suo insediamento nella cattedra vescovile aveva chiesto alla Regia Corte, ma senza alcun risultato malgrado l’appoggio avuto dalla famiglia Pallavicini proprietari delle isole, di poter istituire due nuove parrocchie nelle isole di Favignana e Marettimo.

La Regia Corte, aveva sempre negato al vescovo tale facoltà, anche perché spinta dai Regi Cappellani, che intravedevano nella iniziativa del vescovo una minaccia alle loro condizioni economiche.14

Il Prelato riuscirà nel suo intento soltanto più tardi e cioè tra il 1702 e il 1705.

A Favignana veniva eretta la nuova parrocchia mentre per Marettimo si adottava una soluzione di compromesso accorpando nell’incarico di Regio Cappellano anche quello di parroco.

Ma in quest’isola per far fronte alle sopravvenute esigenze parrocchiali un solo sacerdote non fu più sufficiente.

A supporto del Regio Cappellano infatti nel 1794 venne affiancato un secondo sacerdote. La variazione d’organico determinò nei due sacerdoti una distinzione rispettivamente nei titoli di Primo Regio Cappellano e di Regio Cappellano Trimestrale.

Ma anche un posto di vice Regio Cappellano, in un’isola così lontana, fu particolarmente ambito in modo particolare tra i sacerdoti, che appartenevano agli ordini religiosi minacciati dalla eventualità di una soppressione dei loro conventi.

In considerazione dei troppi pretendenti la Real Corte adottava la soluzione di facoltare cinque conventi della città di Trapani i quali avevano l’obbligo di fornire, a turno e ogni tre mesi, un loro religioso per l’ufficio della seconda cappellania di Marettimo.

I conventi interessati furono quelli dei Carmelitani, Agostiniani, Terzo Ordine Religioso, Domenicani, Paolotti, Mercedari e Francescani .15

Il compenso mensile per questi sacerdoti trimestrali venne determinato in tre carlini al giorno.16

I Regi Cappellani Trimestrali si alternavano nel servizio, oltre che a Marettimo, anche nei forti di Favignana, Colombaia, Castello di Terra e di S. Anna a Trapani.

L’aspirazione comunque di questi sacerdoti trimestrali rimaneva sempre quella di superare il loro stato di precarietà con il definitivo passaggio in pianta stabile ed occupare il posto di Primo Regio Cappellano che avrebbe consentito loro una retribuzione fissa di tre once al mese.

Un sogno questo che nel febbraio 1795 diventava realtà per Fra Fedele del Cuore di Gesù, al secolo Fedele Scalabrini dei Mercedari scalzi, che trovandosi titolare della seconda cappellania trimestrale di Marettimo, avanzava alla Regia Corte la richiesta , essendo vacante la Prima Cappellania, di avere titolarità per il passaggio al grado superiore.

Il 23 giugno 1795 infatti la Real Segreteria accoglieva la richiesta avanzata dal religioso e con decreto del Tribunale del Real Patrimonio del 20 luglio dello stesso anno Fedele Scalabrini diveniva Primo Regio Cappellano curato e Rettore della Real Chiesa Parrocchiale dell’isola di Marettimo.17

Il 29 giugno 1844, per decisione reale, Marettimo cessò d’essere Piazza d’armi. Il castello venne chiuso e con esso venne meno anche la giurisdizione parrocchiale dei Regi Cappellani . 18

Si racconta che il 29 giugno del 1844 Ferdinando II, a bordo della sua nave ormeggiata a Marettimo, venne affiancato dalle barche dei pescatori dell’isola che gridavano:

Maestà, grazia chiediamo, non ci lasci privi della Santa Messa e dell’uso dei Sacramenti”.19

Nello stesso giorno il re rientrando a Palermo, per non lasciare l’isola priva di sacerdoti, nominava con un suo decreto due nuovi Regi Cappellani da destinare a Marettimo.

Ma questi non furono tempestivi quanto il provvedimento reale infatti ritardarono il loro insediamento e così l’isola rimase per lungo tempo priva di sacerdote per celebrare almeno la messa domenicale.

La causa di tale ritardo, secondo il sacerdote Mario Zinnanti, era da ricercare nel fatto che in tale periodo,            

facevasi le pratiche d’innalzare a Diocesi, con sede Vescovile, la Città di Trapani;20 il Vescovo di Mazara per questo potè venir meno ad un suo dovere col provvedere immantinenti l’Isola, pensando che avrebbe dovuto provvedere il nuovo futuro Vescovo di Trapani”. 21                          

La nuova diocesi di Trapani , veniva affidata a Vincenzo Maroda (1803.-1854)a il quale prendeva possesso della sede vescovile solo il 24 dicembre 1844.

Il nuovo vescovo affrontava subito i problemi organizzativi della diocesi dove numerose questioni nel tempo non avevano trovato soluzione. In particolare gli antichi ed insoluti problemi legati alla questione delle numerose chiese sparse sul territorio che non venivano utilizzate, per le distanze, dai sacerdoti neanche per le messe domenicali. Dovette anche affrontare la spinosa questione legata al proliferare, in particolare in Monte S. Giuliano, di “mastri missara”, ciè di quella parte di clero che per conto degli arcipreti, parroci e beneficiali, era quotidianamente impegnato nello smaltimento della grande mole di messe perpetue che si celebravano e che aveva consentito ai parroci il godimento delle rendite annuali derivanti dall’onorare gli atti testamentari di quei benefattori che si erano preoccupati della sorte della propria anima. 22

Il vescovo non ebbe il tempo a riordinare le cose diocesi sia per la pestilenza del 1847 che per i rivolgimenti politici del 1848.

Tuttavia, facoltato dal sovrano, fece appena in tempo a nominare, in surroga dei precedenti cappellani di nomina regia ,i nuovi cappellani da destinare a Marettimo che furono i sacerdoti Giuseppe Criscenti e Francesco Bileti entrambi di Monte S. Giuliano. 23                    

Questi e gli altri sacerdoti furono soltanto ministri di una chiesa virtuale dal momento in cui mani sacrileghe avevano già profanato, devastato e spogliato di tutti gli arredi sacri, l’antica chiesa del castello.

Non fu neanche il caso di restaurarla anche perché, rispetto al paese, la chiesa risultava ormai fuori mano ed era d’incomodo e di non facile accesso per gli isolani.

Per questo la Regia Corte, a proprie spese, affittava da Nicolò Carriglio un magazzino che venne adatto ad uso di chiesa e che fu da quei sacerdori ericini “motu proprio” intitolata non più a Maria Santissima delle Grazie, ma alla Madonna di Custonaci padrona della loro città d’origine la cui immagine raffigurata su tela è ancora sull’altare dell’attuale chiesa.

Quel magazzino venne nel 1870 definitivamente acquistato dal governo quale luogo di culto24e la chiesa fu posta sotto la Vicaria di Favignana alle dirette dipendente dell’arcipretura di quell’isola riprendeva, anche se a rilento, l’attività ecclesiastica quantomeno nel corso delle festività e nelle domeniche con un sacerdote che Favignana raggiungeva Marettimo per la celebrazione della Messa. Cresime, battesimi, matrimoni ed altre funzioni religiose erano divenute avvenimenti di carattere eccezionalie e venivano celebrate saltuariamente dall’arciprete quando questi si recava a Marettimo.

Ad un clero colto che fu quello dai Regi Cappellani si sostituiva ora a Marettimo con sacerdoti ignoranti, ed arrogantei, paghi d’essersi finalmente assicurata la titolarità di una Cappellania anche se in luogo così aspro e lontano rispetto alla terra d’origine quale era Marettimo.

Preti, che da sempre avevano soggiaciuto all’autorità dei parroci sotto i quali si erano formati e dai quali aveva attinto per tanto tempo soltanto le briciole degli utili derivanti dalla celebrazione delle messe perpetue.

Ora, riscattati da quella vita di bisogno, divennero più licenziosi.

Spesso abusarono anche di quella autonomia, nelle cose della chiesa e non solo, che deriva loro della mancanza di quel controllo gerarchico che distava 30 miglia.

Andarono oltre la morale e l’altrui rispetto nel rigore dei quali erano stati educati.

Praticarono più le “taverne” che gli altari e furono artefici e protagonisti di clamorosi litigi pubblici.

Le notizie naturalmente rimbalzarono al di là del mare fino ad approdare nell’episcopio.

Il vescovo, non potendo raggiungere la lontana Marettimo, dava incarico all’arciprete di Favignana di recarsi nell’isola per far rientrare tutto nella normalità.

E così l’arciprete Giovanni Grammatico , più volte e per volontà del vescovo, dovette lasciare Favignana affrontare il pericolo del mare e raggiungere Marettimo per togliere gli scandali in quei luoghi così lontani ed abbandonati le cui anime necessitavano di pace e serenità in un clima più confacente alla religione.

Ma non sempre l’inviato del vescovo riusciva nell’incarico ricevuto tanto che il 31 ottobre del 1868 così scriveva in una lettera che inviava al vescovo di Trapani:

Mi trema il cuore e la mano quando devo scrivere all’E.S.Reverentissima, affari di Marettimo, sapendo bene quanto si amareggia il bel cuore pastorale dell’E.S. Reverentissima. Questo è stato il motivo, che ho tardato ad informarLa dei disordini di quest’isola, ma ora sono astretto dal bisogno perché le cose vanno ingrossando a danno dei fedeli [] A segno che alcuni genitori non hanno voluto amministrato il Sacramento del battesimo perché dubitano che non siano validamente battezzati [] So ancora da persone probe, che s’ingiuriano l’un l’altro vergognosamente, e quasi venuti alle mani, e quel popolo che guarda sempre minutamente le azioni dei Cappellani ne resta scandalizzato..” 25

La risposta del vescovo ferma e decisa non si fece attendere e informava l’arciprete:

relativamente ai Cappellani di Marettimo di cui forma oggetto il suo foglio [] le manifesto che colla opportunità di una barca, che l’altro giorno partì da questa per quell’isola ho scritto separatamente ai medesimi raccomandando loro la pace, la concordia e l’allontanamento dagli scandali nel servizio della chiesa poiché in caso diverso sperimenterebbero misura molto spiacevole. Le sia ciò d’intelligenza.” 26

I due sacerdoti furono poi, per decisione del vescovo, allontanati dall’isola e in loro sostituzione fu conferita la nomina, su proposta dell’arciprete, al giovane sacerdote di Favignana Mario Zinnanti che nell’isola si avvalse dell’opera di Fra Mulè da Burgio , un francescano che a seguito della soppressione del suo convento si era trasferito nell’isola e così il cielo ecclesiastico divenne più sereno27.

Ma il comportamento di quei sacerdoti , poi allontani dal vescovo, rimase indelebile nella memoria della gente che mostrava grande diffidenza nei confronti dei preti.

Tale aspetto veniva, a distanza di anni, constatato persino da quel sacerdote che nel 1951 fu nominato primo parroco di quella martoriata chiesa di Marettimo.

Così Giuseppe Vicari scriveva sul suo diario delle cose della nuova parrocchia che gli era stata affidata dal vescovo:

l’ultimo sacerdote effettivo era morto nel 1935. Nel popolo vi era molta ignoranza religiosa. Immense distanze tra sacerdote e uomini. Assenza assoluta della vita eucaristica. Molta superficialità in qualche pratica religiosa. Trascuratezza nella frequenza dei Sacramenti. Molta leggerezza nella relazione fra fidanzati. Nel campo sociale poi esisteva soltanto un circolo denominato Hiera. Politicamente poi non trovai un indirizzo definito, non esistendo alcun partito organizzato. Credo che il popolo si orientasse verso qualche avventuriero che per primo fosse capitato nell’isola. Come ho trovato la Chiesa ? Sembrava una catapecchia o addirittura a detta del popolo una stalla.”.28

Elenco dei Regi Cappellani dell’isola di Marittimo riscontrati nel corso della ricerca:

Melchiorre Alionora(1758) , Salvo Canino(1759), Giovan Battista Montalbano (1764), Giacomo Sara (1769) Ippolito Barraco (1782), Pietro Felice (1785), Giovanni Felice (1788) Fedele Scalabrini (1803), Bonaventura Piombo (1814), Gaspare Mazzara (1782),(aggiungere altri nomi) Giuseppe Rizzo (1854), Gaetano Amoroso (1825)

Sacerdoti dell’isola dalla chiusura del castello in poi:

Giuseppe Criscenti , Francesco Bileti , Vito Gammicchia, Giuseppe Tranchida, Francesco Amico, Giuseppe Li Volsi, Paolo Bevilacqua , Giuseppe Rizzo, Vincenzo Guadagnino, Giacomo Giardina, Leopoldo Amore, Giovanni Fulco , Didaco Mineo, Vito Tartamella, Nicasio Adragna, Mario Zinnanti (1875), Francesco Vaccaro (1877) Fra Antonio Mulè (18??) , Andrea Simonte (1900), Michele Scaduto (1927), Giuseppe Pisciotta (1935), Francesco Santoro (1938), Luigi Orecchia (1942), Giuseppe Scaduto (1942), Alberto Jacopino (1944) Giuseppe Vicari (1946), Girolamo Campo (1963).

 


1 Mario Serraino, Trapani nella vita civile e religiosa, Trapani 1968, p.172

2 G.F.Pugnatore, Historia di Trapani, prima edizione dall’autografo del secolo XVI a cura di S.Costanza, Trapani 1984 pp.59-60

3 Ibidem pp.25 – 221 n.31 in aggiunta nel ms.Di Ferro[..]et accanto al rivo dell’acqua già mentovato, un oratorio a san Simone dedicato”.

4 S. Basilio un santo venerato in oriente

5 G.F.Pugnatore, op.cit.p.60 “I quai Trapanesi per relazione de’lor padri et avi saputi gli hanno, essendone gli altri andati dopo quellem guerre in oblio, che fra i re di Napoli e gli Aragonesi duraron lungamente; di modo che anco essi casali ne restarono all’ora abbandomnati

6 Legazia Apostolica era il privilegio di funzionare da legato del Papa nell’isola e di impedire quindi eventuali appelli al Vaticano Con la Bolla “Quia propter prudentiam” di Urbano II del 1097al conte Ruggero il quale aveva ripristinato in Sicilia la fede cristiana la funzione di legato permanenete (Apostolica Legazia) In forza di quel conferimento di poteri i re di Sicilia ritenevano di essere gli unici a poter esercitare la giurisdizione “in spiritualibus” quali legati nati dal Pontefice.

8 Gaetano Nicastro, La Sicilia occidentale nelle Relazioni “ad limina” dei vescovi della chiesa mazarese (1590 – 1693), Isrtituto per la storia della chiesa mazarese, Trapani ,1988, p.90 . Trattavasi soltanto dei militari e le loro famiglie. Nelle relazioni vescovili non erano infatti considerate le presenze dei relegati.

7 Le relazioni “ad limina” erano le relazioni sullo stato della diocesi che ogni vescovo era tenuto a presentare al sommo Pontefice.

9 AST, Fondo Atti notarili diversi n. 1853 Anno 1752-1768

10 Il Tribunale dell’Inquisizione in Sicilia operò dal 1487 fino al 1782. Cessò sotto il vicerè Caracciolo con decreto reale del 16 marzo 1782 . Un anno dopo, il 27 giugno, su ordine della Corte di Napoli, cui non furono estranei membri dell’aristocrazia siciliana, i quali temevano che ne sortissero rivelazioni compromettenti fu purtroppo dato alle fiamme l'’archivio, disperdendosi in tal modo una ingente quantità di documenti. Il sacerdote Alionora probabilmente dovette essere quindi l’ultimo rappresentante del Sant’ Uffizio a Marettimo

11 AST, Fondo Atti notarili diversi n. 1853 Anno 1752-1768

12 AST fondo Secrezia

13 AST fondo Secrezia , spese amministrazione giustizia, n. 243 , 1821.

14 Gaetano Nicastro, La Sicilia occidentale nelle Relazioni “ad limina” dei vescovi della chiesa mazarese (1695 – 1791), Isrtituto per la storia della chiesa mazarese, Trapani ,1989, p.39

15 AST fondo Secrezia, n. 262 provvedimento del Real patrimonio del 23 giugno 1795

16 AST fondo Secrezia, n.

17 AST fondo Secrezia , , n. 262 lettere originali.

18 Mario Zinnanti, Cenni storici delle Isole Egadi, Tip. G.Genovese, Monte S.Giuliano 1912, p.18 -24

19 Ibidem p. 24

20 Con Bolla del Papa Gregorio XVIUt animarum pastores”del 31 maggio 1844 Trapani diventava diocesi e la sua giurisdizione comprendeva oltre la citta capolouogo i Comuni di Monte S. Giuliano, Paceco, Xitta, Egadi e Pantelleria

21 Mario Zinnanti , op. cit. p.25

a Questa la cronologia dei vescovi della diocesi di Trapani: Vincenzo Maria Maroda (1844-1854), Vincenzo Ciccolo Rinaldi (1853-1874), Giovan Battista Bongiorno (1874-1879), Francesco Ragusa (1879-1895), Stefano Gerbino(1895-1906), Francesco Maria Raiti (1906-1932), Ferdinando Ricca(1932-1947),Filippo Jacolino(1947-1950), Corrado Mingo(1950-1961) Francesco Ricceri(1961- 1978 ) Emanuele Romano (1978-     ) Domenico Amoroso (         ), Francesco Miccichè (

22 Vincenzo Adragna, Monte S. Giuliano, chiese e clero dal 1200 ai primi del’900, Paceco 1997, p..34

23 Mario Zinnanti, op. cit. p. 25

24 Ibidem p.26

25 AVT, lettera dell’arciprete Grammatico al Vescovo di Trapani

26 Ibidem , nota autografa del vescovo diretta all’Arciprete di Favignana.

27 I nomi dei sacerdoti che dettero orine agli scandali, per scelta dell’Autore sono stati omessi. Anche se i fatti risalgono ad oltre due secoli fa,ed essendosi verificati in una piccola comunità quale è Marettimo e ritenendo che possano dare adito, a chi, non comprendo lo spirito della storia, a balorde speculazioni che nulla hanno ormai hanno a che vedere con la realtà odierna dell’isola. Pertanto, nell’elenco dei sacerdoti di Masrettimo non vengono riportate le date in cui questi i protagonisti operarono a Marettimo.

28 APM, dal diario del sacerdote Giuseppe Vicari. 1951.

Ultima modifica il Venerdì, 07 Ottobre 2016 17:01
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