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Articoli filtrati per data: Sabato, 08 Agosto 2020

- di Maria Teresa Prestigiacomo -

La nascita di un nuovo itinerario turistico culturale in nome dell’arte contemporanea

Castel di Tusa, Me.«LA POLITICA DELLA BELLEZZA CONTRIBUISCE A RIGENERARE I TERRITORI
E RESTITUIRE IDENTITÀ CON LA CULTURA DELL’ARTE E L’IMPEGNO CIVILE»

Inaugurazione dell’installazione fotografica martedì 4 agosto 2020 ore: 18:00
Museo-albergo Atelier sul Mare – Castel di Tusa (ME)

Comuni di Tusa, Santo Stefano di Camastra, Reitano, Motta d’Affermo, Pettineo, Castel di Lucio, Mistretta

Non si ferma mail l'inossidabile ed instancabile maestro-mecenate Antonio Presti: continua il percorso di donazione alle comunità della Valle dell’Halaesa: Un equazione etica di una contemporaneità che si rifugia nell’omologazione del pensiero globale; un movimento sociale che deve trovare nelle nuove generazioni la restituzione della Bellezza dei luoghi; l’unione di intelligenze che sfuggono alla forza centrifuga dell’esodo e che ritrovano il futuro nel valore universale di essere comunità.

Controesodo Il cantico di Castel di Tusa 1

Con questo pensiero, che si anima della spiritualità del Cantico delle Creature di San Francesco, il presidente della Fondazione Fiumara D’arte – innesta sulla Valle dell’Halaesa la sua nuova visione etica ed estetica per fronteggiare una delle più grandi emergenze di questo presente: la desertificazione dell’anima e di quei territori che oggi soffrono l’asfittica parabola discendente della modernità. Basti pensare a quei due milioni di cittadini del Mezzogiorno costretti a emigrare negli ultimi due anni e a oltre 1 milione di siciliani che – secondo gli ultimi dati di Svimez – entro 50 anni abbandoneranno la nostra Isola.

Controesodo Il cantico di Castel di Tusa 2

Sull’asse antropologico e sociologico che vede scorrere intere comunità di giovani verso luoghi “altri” dalla Sicilia, con uno sradicamento e un distacco che annulla ogni futuro, Antonio Presti ha deciso di infondere Luce sui valori dell’identità e dell’appartenenza, restaurando la forza della specificità e il valore della conoscenza come strumento di unione e di relazioni maieutiche. La prima tappa del progetto Halaesa è Castel di Tusa, dove numerosi bambini e giovani sono stati protagonisti di un processo creativo condiviso, partecipando ad un laboratorio fotografico condotto dai fotografi Giulio Azzarello e Lucrezia Saieva che hanno immortalato sguardi, emozioni, passioni per diventare installazioni dell’anima e battezzare i giovani della comunità di Castel di Tusa con le parole del Santo d’Assisi. L’obiettivo del “Controesodo” – che stavolta vuole coinvolgere la valle dell’Halaesa - è quello di rivitalizzare il presente grazie alle più solide agenzie educative, in primis la famiglia e la scuola, rinsaldando i legami con la natura e il paesaggio, le reti delle persone e le infrastrutture identitarie delle comunità.

Controesodo Il cantico di Castel di Tusa 3

Un dictat spirituale e civile che il presidente della Fondazione Fiumara d’Arte vuole lasciare come vera e propria eredità: «Occorre bilanciare universalmente un’altra visione – dichiara Presti - e ritornare alla bellezza, alla vita, al sogno, allo stupore di quella meraviglia che trova sempre nella conoscenza e nel sapere la sua libertà e la sua democrazia. Controesodo vuole trovare nei giovani di Castel di Tusa quel processo educativo che serve a riprogettare il futuro».

Controesodo Il cantico di Castel di Tusa 4

Sono tanti ormai quei giovani che ogni anno lasciano la propria terra per studio o lavoro. Ritornano nelle loro terre solo per le vacanze animati dal desiderio di rivedere i propri cari. Alcuni tentano di ritornare, non per ripiego, ma perché spinti dal recupero di valori dimenticati.  Ma si ritrovano ostacolati da quelle politiche istituzionali che pensano più alle città metropolitane che al ripopolamento dei paesi abbandonati. E’ necessario quindi un percorso diverso creato dalle comunità stesse che favorisca un cambio di rotta necessario per lo sviluppo sociale  e la rinascita di un paese.

«Dopo il riconoscimento internazionale della Fiumara d’Arte e del Museo Albergo Atelier sul Mare, nei 40 anni di impegno civile e di attività culturali per la Valle dell’Halaesa, nonostante solitudini culturali e battaglie istituzionali, grazie al valore politico della Bellezza ho rigenerato e restituito identità ai territori della Valle, oggi famosi in tutto il mondo. – spiega il maestro Presti – Oggi più che mai, invece di nutrirmi passivamente del riconoscimento della mia storia, sento la necessità di scegliere la via del Ringraziamento, continuando ancora a seminare. Lo spirito che anima l’amare è sempre amare, e quando si è sentimentalmente legati con il cuore a un territorio, si fa di tutto per tentare di farlo sopravvivere e di sopraffare i pensieri di morte, abbandono che anestetizzano l’anima. Dire che nel territorio della valle dell’Halaesa non c’è futuro, non c’è lavoro, non ci sono più giovani, vuol dire affermarela morte del futuro; scoprire che in alcuni paesi ci sono scuole con soli 30 bambini non può lasciare nell’indifferenza. Nella nostra contemporaneità si sta manifestando un esodo subdolo che nasce dalla manipolazione del pensiero: i giovani già al liceo, con l’avallo dei genitori, dicono “Io devo andare via dalla Sicilia”, perché a quel giovane abbiamo innestato il pensiero dell’abbandono della Grande Madre Sicilia. Questa terra ha bisogno dei suoi giovani figli. Non dovete andare via, proviamoci. Perché in Sicilia non manca il lavoro, forse manca l’educazione al lavoro e quel senso del sacrificio che può diventare intraprendenza e industriosità. Rispetto a una cultura generazionale che è cresciuta nell’assistenzialismo e nell’immobilismo, dobbiamo progettare questo controesodo culturale: Cu resta, arrinesci».

Controesodo Il cantico di Castel di Tusa 5

Durante l’inaugurazione Controesodo sarà occasione di assorbire l’energia delle opere che contraddistinguono la Fiumara d’Arte, di visitare le stanze dell’Atelier sul Mare che hanno reso famoso ed unico l’albergo che si affaccia sulle acque di Castel di Tusa, di conoscere le mostre in corso:

-      Bosco incantatato: Installazione design di alberi-sedie di Ute Pyka e Umberto Leone.

-      Cavallo eretico: Scultura monumentale in acciaio inox di Antonello Bonanno Conti.

Verrà inaugurata inoltre Priscilla – La trasmutazione di Massimo Basso, installazione automatizzata che attraverso le tecniche digitali sviluppate dall’artista,  suggerisce una riflessione sull’uomo e la natura e sulla necessità dell’arte nel tentativo di mettere in luce le disfunzioni derivanti dall’uso inconsapevole di tutto ciò che a volte la tecnologia offre come mezzo di emancipazione e salvezza.

Massimo Basso nasce a Palermo nel 1956. Comincia prestissimo, ancora adolescente, ad appassionarsi all’artigianato e alla tecnica. Dopo essersi formato in Arte al Liceo Artistico di Palermo lavora come montatore, artigiano, tecnico teatrale e fotografo. Le due esperienze che segnano in modo particolare la sua formazione sono state quella di macchinista-costruttore con il Teatro Vagante durante gli anni ’80, e successivamente  quella di tecnico di scena con la Societas Raffaello Sanzio di Cesena dove gestiva sistemi tecnologici sofisticati. Negli ultimi anni studia ed approfondisce i temi del linguaggio e della comunicazione che si rifletteranno nella sua produzione artistica. Recentemente entra a fare  parte del direttivo dell’associazione Incontemporanea ArteAttiva, e con loro presenta diverse opere centrate su temi inerenti al linguaggio e tecnica nella nostra società, potere che distrugge e crea, uccide e salva. Opere: La stupidità e le sue sorelle (ironia per immagini); Il canto delle sirene; Ubi maior minor cessat; L’Albero che ride;Il Piccolo B; e per ultima Priscilla – la Trasmutazione, opera che sarà presentata in occasione di Controesodo di Fiumara d’Arte.

PROGRAMMA

Martedì 4 Agosto Castel di Tusa (ME)
•Ore 18:00 Inaugurazione de Il Cantico di Castel di Tusa – Installazione fotografica. Fotografi Giulio Azzarello e Lucrezia Saieva.
•Ore 18:00 Inaugurazione dell’opera
Priscilla – La Trasmutazione, installazione automatizzata di Massimo Basso.

In allegato il comunicato, le foto delle opere ed alcune foto dei giovani coinvolti (coperte da liberatoria fotografica)

 

 

 

 

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Il Festival Lirico dei Teatri di Pietra, promosso e organizzato dal Coro Lirico Siciliano, ritorna domenica 9 Agosto, con inizio alle 21, dopo il successo della prima edizione, nella splendida cornice del Teatro greco di Siracusa con uno spettacolo del tutto innovativo: “Italian love songs”, contaminazioni tra pop e lirica con la partecipazione straordinaria di Mario Venuti che si esibirà in un repertorio del tutto inedito per lui. E hanno provato a lungo, nelle strutture messe a disposizione dell’hotel Le Palme di Catania, per mettere a punto uno spettacolo che si preannuncia unico e spettacolare soprattutto dal punto di vista vocale.

La serata prevede un omaggio alla Canzone Italiana: le immortali melodie che hanno suggellato la tradizione artistica e culturale del “Bel Paese”. Un viaggio in musica tra le più celebri pagine del ricco e amato repertorio nel Novecento italiano musicale: da Tosti a De Curtis, da Leoncavallo a Bixio.

Una vera e propria maratona concertistica con protagonista la canzone del novecento italiano: da Mamma a Parlami d'amore Mariù, da Non ti scordar di me a Musica Proibita, da Voglio vivere così a What a wonderful world.

Il ricco e accattivante programma proporrà anche alcune tra le più frizzanti pagine del repertorio operettistico: estratti da Il paese dei campanelli, Cin ci là, La principessa della Czarda, Il paese del sorriso, etc. Arte, storia, musica le componenti della serata evento, per far rivivere le passioni, le emozioni, le suggestioni e i sentimenti delle più struggenti pagine del repertorio della Canzone Italiana: per l’appunto contaminazione tra pop d'autore e lirica. Un concerto che potremmo definire sperimentale, attraverso cui sarà possibile ascoltare – per la prima volta in assoluto - il cantautore siciliano Mario Venuti cimentarsi nell'interpretazione dei classici della tradizione popolare arrangiati per la voce pop solista e del tutto particolare di Venuti e il Coro lirico siciliano

“Ho accettato la proposta di cantare col Coro Lirico Siciliano – ha dichiarato Mario Venuti durante una pausa delle prove - perché amo le sfide, andare oltre i miei limiti. Sarò un tenorino leggero alle prese col repertorio caro ai miei nonni e ai miei genitori. Ma porto con me anni di militanza pop, rock e canzone d’autore. Le contaminazioni sono sempre una bella partita da giocare”

Il Festival Lirico dei Teatri di Pietra, riconosciuto come iniziativa di alto rilievo culturale e artistico, si svolge sotto l'Alto Patrocinio del Parlamento Europeo e delle più importanti cariche istituzionali italiane, il Patrocinio del Pontificium Consilium de Cultura, della Regione Siciliana, Assessorato Regionale Turismo, Sport e Spettacolo e Assessorato dei Beni Culturali e dell'Identità Siciliana, della Rai Sicilia, del Comitato Pietro Mascagni, della Fondazione Verona per l'Arena e della Confederazione Italiana Archeologi.

Biglietti disponibili sui siti ticketone.it, tickettando.it e presso tutti i punti vendita TicketOne, Tickettando sul territorio nazionale. Informazioni ai numeri +39 351 546 0236 (anche WhatsApp)

Uꜰꜰɪᴄɪᴏ Sᴛᴀᴍᴘᴀ Fᴀʙɪᴏ Tʀᴀᴄᴜᴢᴢɪ

349 352 4959

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- di Maria Teresa Prestigiacomo -

Teatro Scoperto: Sabato 8 agosto ore 21:30

RECITAL

di e con Gianfranco Jannuzzo

Ho sempre cercato di raccontare gli italiani attraverso l’uso dei nostri dialetti, convinto, come sono, che essi abbiano, per la loro naturale immediatezza, spontaneità, ricchezza di sfumature, una forza di comunicazione straordinaria e che rivelino, quasi sempre, il carattere, l’intima indole di chi li adopera: Veneti, Calabresi, Liguri o Campani che siano. Siamo tutti orgogliosi di essere Lombardi o Lucani, c’è sempre in tutti noi tanto sano campanilismo, ma alla fine siamo semplicemente orgogliosi di essere Italiani.
“Recital” è uno spettacolo nel quale accanto a quelli che considero i miei “cavalli di battaglia” presento alcuni brani inediti. Racconto la mia Sicilia, così come l’ho vissuta e conosciuta; la Sicilia che ho imparato ad amare   grazie all’amore che ne avevano e ne hanno i miei genitori.
Una Sicilia allegra e amara, spensierata e triste, meravigliosa e spietata, solare e introversa, indolente e attiva.
Isola, forse, ma sicuramente Ponte per mille culture.
Ne racconto le contraddizioni.
La Sicilia ricca, fertile e ubertosa di Federico II “Stupor Mundi “e la Sicilia umiliata, ferita e vilipesa delle stragi e dei caduti” “Orror Mundi”.
E raccontando la Sicilia racconto gli Italiani che con il nostro straordinario senso dell’umorismo sappiamo ridere di tutto e di tutti e soprattutto, cosa ancora più importante, di noi stessi.

                                                                      Gianfranco Jannuzzo

Da buon avvocato non posso non amare il teatro: il verbo recitare origina, infatti, dall’appello dei citati in tribunale. Re-citare. Chi sale sul palcoscenico, dunque, diviene parte di una vicenda umana da esporre ad altri, sebbene fuori dagli angusti limiti probatori che il tribunale impone. Nel teatro gli “altri” sono seduti in platea ed il fluire di quella vicenda verso di loro trascende la narrazione per toccare i sentimenti, i dubbi, le certezze, le fragilità umane, l’ironia, il dramma, le tante verità, come insegna Pirandello.
Non è facile; soprattutto quando il fulcro della vicenda è il narrarsi dell’attore, pur nel distacco inevitabile plasmato dalla finzione, dalla maschera.
In gioventù mi capitò di incontrare Alberto Moravia ad un Convegno e gli chiesi quanto di lui ci fosse nei suoi personaggi. “Tutto e niente”, mi rispose sorridendo. È, dunque, questo il segreto della comunicazione con il pubblico: scoprire l’anima, ma proteggerla in un gioco di specchi. Ed è ciò che fa Gianfranco Jannuzzo nel suo Recital. Il recital è una delle più impegnative prove attoriali, secondo me: un monologo che deve trasformarsi in dialogo e catturare il pubblico, gli “altri”, in un viaggio comune attraverso ironia e dramma, parole e silenzi.
Jannuzzo affronta con sagacia ed ironia anche temi importanti.
Innanzi tutto l’attaccamento alla sua terra, la splendida Sicilia. La “sicilianità” di Jannuzzo è prepotente e contagiosa nel suo Recital: tratteggia caricature, bonariamente ridendo su pregi e difetti; condivide ricordi; commuove in quel suo farsi uno con il mare.
La sua recitazione segue una metrica incalzante; sembra viaggiare allo stesso ritmo delle parole del Cyrano de Bergerac quando dialoga in segreto con la sua amata Rossana, facendola passare “senza schianto dal sorriso al sospiro e dal sospiro al pianto”. È ciò che fa Jannuzzo: porta il suo pubblico – da lui amato, si sente, quanto amata è la Rossana di Rostand – a volare tra il sorriso ed il sospiro, fino alla commozione. Una commozione che giunge, in una delle tante cuspidi che, in questo Recital, dividono un sorriso dall’altro, sulle belle parole di una poesia siciliana scritta dal padre, Giuseppe, un uomo che traspare con eleganza dal suo stesso componimento, così come dalle pennellate verbali che il figlio dona al pubblico: integro, autentico, profondo conoscitore dei valori familiari e culturali. In questa poesia, un padre spiega al suo bambino cosa sia l’Allammicu, quel sentimento che, ovunque andiamo, richiama l’anima verso la terra natia. Il bambino è “nico, nico”, piccolo, piccolo, e non può capire, ma, da qualche parte, dentro di lui, c’è un piacere che è così piacere da farsi dolore nella lontananza, sebbene venga cancellato, in ultimo, dalla speranza di chi gli augura di “sempri felicissimu campari”. Ecco, al termine di quella poesia, di fronte alla grandezza di quei sentimenti, alla semplicità di quelle parole, alla capacità di Gianfranco Jannuzzo di farle arrivare al cuore, tanto da renderle comprensibili anche ai non siciliani, e ciò a prescindere dalla versione tradotta in romanesco dal grande Luigi Magni, gli spettatori si sentono “nichi, nichi” ed è una sensazione bellissima.
Ma non c’è solo la Sicilia, per Jannuzzo. C’è l’Italia tutta. Ci sono il Sud, il Nord, i dialetti, nella migliore tradizione teatrale novecentesca, che nel dialetto scova radici, genuinità, valore. La sua versatilità linguistica è prodigiosa e divertente. Sul pubblico scende una lieve spolverata di Viviani, di De Filippo, di Pirandello, di Goldoni, di Petrolini.
Gianfranco Jannuzzo è un attore completo: sa fare tutto, senza distinzioni e categorie. Si percepisce la sua estraneità a vivere il teatro come fosse una commode ricca di cassetti tra i quali scegliere quello da aprire, lasciando chiusi gli altri: il cassetto del Dramma, quello della Commedia; il cassetto del Varietà. No. Lui li apre tutti e lo sa fare bene. Del resto lo ha sempre dimostrato. Gianfranco Jannuzzo, agli esordi, frequenta il Laboratorio di Esercitazioni Sceniche di Gigi Proietti, al quale, da quel momento, lo legherà sempre uno splendido rapporto di amicizia e di intesa artistica. Poi l’incontro con Garinei, con Bramieri ed il decollo verso un teatro dalle mille sfaccettature: Shakespeare, Pirandello, De Filippo, Ludwig, Coward, Cooney, Chesnot … ed, al contempo, il gioco del teatro con il One-Man-Show di Renzino Barbera, o con C’è un uomo in mezzo al mare, scritto dallo stesso Jannuzzo, naufrago approdato sull’isolotto della vita.
Ecco, la vita. La vita, nel Recital di Jannuzzo, è innanzi tutto ironia; è gag; è caricatura dell’essere umano; ma è anche attenzione al particolare, al filo d’eccezione che ci rende quello che siamo, nel bene e nel male. È persino musica. Musica vera. Le sue mani si muovono molto bene, sul pianoforte. Il pubblico ha appena il tempo di abbandonarsi a quelle note, però, che l’ironia torna a regnare e la musica diventa un suo esilarante dialogo con strumenti invisibili, strizzando l’occhio al Varietà.
Si ride. Si ride tanto in questo Recital.
Eppure si esce con la sensazione d’avere dentro molto più di una semplice risata. Forse sarà l’amore per le proprie radici, o, forse, l’idea della vera integrazione di cui la Sicilia è sede sin dall’antichità, incrocio di differenti culture e tradizioni; forse è il senso della famiglia e della vita che Jannuzzo si porta dentro e dona al suo pubblico, con generosità; forse è il bellissimo quadro della Donna, che, in poche parole, egli riesce a dipingere, definendola dea, portale di vita, di grazia, di bellezza.

Teatro Scoperto (via Laudamo): sabato 8 agosto ore 21.30

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- di  Maria Teresa Prestigiacomo  -

Taormina, Me."Aida" di Giuseppe Verdi, in scena martedì 11 agosto, alle ore 21, nell' incomparabile scenario del Teatro antico di Taormina, il primo titolo in cartellone della quarta edizione del Mythos Opera Festival, rassegna organizzata in collaborazione con la Regione Siciliana, il Parco archeologico di Naxos ed il Comune di Catania, con i patrocini del Ministero dei Beni Culturali, di Rai World, del consolato ucraino in Italia e del comitato Pietro Mascagni. La sovrintendenza del festival è affidata al maestro Gianfranco Pappalardo Fiumara e la direzione artistica al regista Nino Strano. “Ancora una volta sono lieto di essere stato chiamato a svolgere il ruolo di direttore artistico per il Mythos Opera Festival – commenta Nino Strano – Quest’anno a causa del Covid-19 non ci saranno messe in scena, ma utilizzeremo soltanto i costumi ed alcuni artifizi scenografici. Sarà un omaggio a Verdi ed a tutti quelli che, come lui, hanno contribuito a creare questo paese. E’ un anno difficile. Vedere Taormina con alcuni alberghi chiusi fa male, vedere il corso di Taormina pieno soltanto il sabato fa male. Andiamo comunque avanti, sperando che ci sia qualche turista in più, grazie anche al lavoro degli assessori regionali Manlio Messina ed Alberto Samonà e del sindaco di Taormina Mario Bolognari”.

Roberto Cresca

Roberto Cresca

Una stagione particolare segnata inevitabilmente dalle restrizioni dettate dalla pandemia. L’opera, infatti, andrà in scena in forma concertata ma con una serie di giochi scenici e scenografici di grande effetto. A vestire i panni delle rivali Aida e Amneris saranno, rispettivamente, il soprano Elina Ratiani ed il mezzo soprano Eufemia Tufano. Tornerà ad interpretare il ruolo del condottiero egizio Radames il tenore Roberto Cresca, insignito lo scorso novembre a New York del prestigioso Maria Callas Grand Prize. “Con molto piacere torno al Teatro antico di Taormina nei panni di Radames – commenta Roberto Cresca - uno dei ruoli più impervi per le corde del tenore, con un’opera meravigliosa quale è Aida. Un ottimo modo per ricominciare dopo questi mesi di lockdown, che ci hanno tenuto lontani dai teatri. Oltre a rappresentare una sfida per qualsiasi cantante, dà la giusta carica per ricominciare. Sono molto felice e non vedo l’ora di iniziare questa nuova avventura, sperando che il pubblico ci sostenga perché la cultura e il teatro hanno molto bisogno di sostegno”. Questo il resto del cast, tutto rigorosamente in costume: Alessio Quaresima Escobar (Amonasro); Sinan Yan (Ramfis); Dante Roberto Muro (Re); Federico Parisi (Il messaggero); Dominika Zamara (Sacerdotessa). Ad accompagnare con il pianoforte i solisti ed il coro Katane, diretto da Carlo Palazzo, sarà il maestro Marco Boemi, direttore d’orchestra tra i più apprezzati sulla scena internazionale. “Con grande piacere faccio ritorno a Taormina perché è uno degli scenari più straordinari, patrimonio non solo italiano ma dell’umanità – dichiara Marco Boemi - E’ sempre una grande emozione potersi esibire lì. Certo quest’anno le condizioni sono un po’ particolari, proprio perché reduci da questa terribile pandemia che ha messo in enorme difficoltà un po’ tutti, ma in particolar modo la categoria degli artisti. Il fatto di poter ripartire, seppur in condizioni menomate, è comunque un grosso traguardo e contemporaneamente, mi piace pensarlo, un punto di nuova partenza. Può sembrare riduttivo fare queste serate con il pianoforte ma fa un po’ parte dello spirito dei tempi e comunque ha un suo fascino particolare, anche perché abbiamo a disposizione l’intero coro e la compagine del cast, che è di prim’ordine. Sono sicuro – conclude - che il pubblico apprezzerà”.  

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