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Antonio Maria Jaci

di Alba Terranova

Antonio Maria Jaci nacque a Napoli il 15 ottobre 1739. Di padre napoletano,Nicolò, e madre messinese, Agata Ferrara, fu Messina la città in cui trascorse la maggior parte dei suoi giorni. Dopo la morte dei genitori, avvenuta quando era ancora molto giovane, si trasferì dallo zio materno Annibale. A Messina studiò filosofia e matematica presso il Collegio dei Padri Gesuiti, laureandosi in fisica, matematiche e medicina. Nel 1765 venne ordinato sacerdote, nonostante la vocazione l'avesse colpito diversi anni prima, al soli 18 anni.

Nel 1780 si recò a Napoli, presso il Collegio Nautico, per ottenere un posto di docente, ma Jaci, essendo povero e non godendo di fama alcuna, non riuscì ad ottenerlo. Tornò così a Messina dove gli venne assegnata la cattedra di Filosofia e Matematica presso il seminario Arcivescovile.

Su incarico della Reale Accademia Peloritana, costruì nel Duomo cittadino una perfetta meridiana (andata distrutta durante il terremoto del 1908) ed inventò l'ampolletta mercuriale, di fondamentale importanza per la nautica, dal momento che garantiva il calcolo esatto della longitudine durante la navigazione in mare aperto. Si dedicò alle scienze matematiche, che lo resero famoso in tutto il mondo.

Non disponendo dei mezzi economici necessari per pubblicare le sue opere ne pubblicò solo alcune, mentre la maggior parte dei manoscritti andarono dispersi in seguito all'incendio divampato nella sua modesta abitazione del villaggio S. Leone.

Tra le opere fondamentali è d'obbligo citare: Lettere in latino; Sul metodo facile per ritrovare la longitudine idrografica con l'aiuto dell'ampolletta mercuriale e del termometro ad uso dei piloti; L'orizzonte della longitudine, ossia la nuova macchina con la quale due osservatori, visionando gli astri, possono calcolare la longitudine, la latitudine e l'azimut della nave; Dissertazione sulla facile soluzione delle equazioni cubiche e del caso irriducibile con un solo metodo; La longitudine in mare, ovvero nuove aggiunte all'orizzonte.

Divenuto cieco e abbandonato da tutti, condusse gli ultimi anni di vita in miseria, vivendo, grazie ad un sussidio di 50 lire mensili, concessogli dal Senato messinese nel 1812, in una baracca che si costruì dopo il terremoto del 1783. Morì di apoplessia nella notte del 5 febbraio 1815.

Ultima modifica il Giovedì, 06 Ottobre 2016 14:52
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