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DANNO, “AB IMIS FUNDAMENTIS”

“Sono molto orgoglioso dei messinesi, che vivono e lavorano fuori con grande successo”, così scrive, assai bene, il valente Collega endocrinologo Giuseppe Turiano in un lucido articolo, che ha indotto “Tempostretto” ad organizzare una rubrica su “I migranti delle Feste”. E aggiunge, sommuovendo lo spirito di appartenenza: “Messina divenga un polo di attrazione culturale e lavorativa per giovani provenienti da altri paesi; principalmente la sua Università si faccia protagonista di un rinnovamento generale per la nostra realtà cittadina”. In linea con la necessità di spezzare la casta e le raccomandazioni, dopo anni di segno opposto, l’Ateneo messinese ha ripreso la via maestra della crescita, riconosciuta palesemente dai media.

Però un punto, rimasto in sordina nella sua tesi non è facile digerire. Proprio quel tropismo obbligato Sud – Nord, che si perpetua nei decenni, da un secolo all’altro: ieri partivano con valigie imbracate da laccioli e agrumi odorosi, oggi come gracili libellule vanno zigzagando con appresso PC e neuroni fosforescenti, non del tutti scevri del bisogno di odori, sapori, colori, trama umana promananti dalla terra d’origine. Fenomeno assai ingiusto che dissocia intere generazioni !

Le responsabilità sono varie, molte delle quali endogene, questo è vero. Ma lo Stato unitario dov’è ? La solidarietà e la sussidiarietà dove stanno di casa ? Ogni giorno quei principi ispiratori sembrano viepiù dileguarsi … Insomma il manto compassionevole, troppo facilmente dispiegato sulle ali della modernità interculturale e della via globale all’innovazione a mo di copertura di scelte sbagliate, antistoriche, avverse alla realtà geopolitica e geostrategica della Sicilia e della parte mediterranea della Penisola mi trova perplesso, riluttante. Alla fine conta il risultato di dare propulsione sempre, e in ogni modo, alle stesse macroaree nordiche del Paese. Milioni e milioni di migranti, più o meno obbligati, quanti miliardi di mancato reddito hanno sottratto al Sud ? Non mi dichiaro fortemente ostile all’idea di cercare il posto migliore dove vivere e lavorare per evitare di cadere nella visione manichea opposta, cioè di ghettizzare – sbagliando - la parte continentale della Penisola.

Il numero delle famiglie italiane a rischio povertà è diminuito sotto il Governo Renzi, ma il debito pubblico è aumentato: il che significa che il PIL – espressione di produzione di ricchezza – non è cresciuto o non cresce in maniera significativa da indurre benessere più diffuso … Infatti per l’anno corrente si prevede altra scrematura di 700-1000 Euro a famiglia. Il ragionamento da pater familias mi porta alla conclusione che dividere le famiglie in realtà depotenzia il Sud e, quindi, non migliora affatto la situazione dell’Italia nel suo complesso. Chi deve capire capirà ? Finora non sembra, danno ingiusto e malefico !

Cosimo Inferrera

Già direttore del Dipartimento di “Patologia Umana”

A. O .U. Policlinico Universitario “G. Martino” - Messina

 

Ultima modifica il Martedì, 24 Gennaio 2017 17:46
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