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La Malvasia delle Lipari passito.

 

 - a cura di Alessandra Garavini -

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Iscrizione albo dei Biologi N. 064258

 

Si avvicina il Natale e con esso l’aria di festa e la gioiosa attesa per poter condividere con gli amici e i propri cari alcune serate in armonia. Per noi Italiani il Natale è soprattutto il piacere di ritrovarci attorno ad un tavolo ad assaporare le specialità della nostra tradizione gastronomica, brindando alla salute e al nuovo anno. Certamente i dolci non mancheranno, maliziosi tentatori, a vanificare tutti gli sforzi fatti durante l’anno per mantenerci in forma.

 

Ho scelto di accompagnare i “momenti più dolci” del Natale con   un vino da dessert prodotto nelle isole Eolie, la Malvasia delle Lipari passito, che rappresenta uno dei tre vini a denominazione di origine controlla riconosciuti nella nostra provincia. Nell’immaginario collettivo è il vino più rappresentativo della viticoltura tradizionale messinese sia per la particolare tecnica di vinificazione che per la zona di produzione:  l’arcipelago eoliano, a mio parere isole uniche nel panorama italiano.

Un vino di antichissima tradizione il cui nome deriva dal vitigno principale, la Malvasia, importato dai Greci nel 600 circa a.C. secondo Diodoro.

 

Malvasia sarebbe la storpiatura in Veneziano di Monembasia, città dell’attuale Peloponneso. Tra tutte le isole è certamente Salina quella che ha saputo salvaguardare e valorizzare la sua storica anima rurale mantenendo la propria economia basata sulla coltivazione del cappero e la produzione di Malvasia passito. La viticoltura a Salina si può definire eroica costituita da piccoli appezzamenti con filari disposti su terreni scoscesi di origine vulcanica, ricchi di sostanza organica e minerali, nei quali tutte le operazioni sono condotte a mano. Oggi nelle Eolie ci sono circa 90 ha di malvasia; di cui 46 ha iscritti a DOC, si producono circa 1000 hl l’anno dei quali il 70% passito. Sono 20 i produttori che imbottigliano.      

                                           

Le uve sono lasciate appassire sulla pianta nel caso di vendemmia tardiva, oppure raccolte sovramature selezionando i grappoli migliori. Sono poi poste sulle cannizze (lunghe stuoie realizzate con canne locali) sulle quali appassiscono lentamente per 10-20 gg. durante i quali viene reiterata una pratica quotidiana di scannizzamento e incannizzamento; ovvero uomini addetti che spostano le cannizze al sole durante le ore soleggiate e le riparano nelle pinnate (locali areati) durante la notte e nei giorni piovosi. Quando i grappoli sono “appassiti” si passa al diraspamento e alla pigiatura.


Il mosto è messo in botti di castagno o di rovere o di acciaio per farlo fermentare,  seguono 2 travasi chiarificatori a gennaio e a marzo. In questi ultimi anni si è registrato un grande passo avanti dal punto di vista qualitativo della Malvasia passito, grazie ai produttori e al loro grande impegno; frutto della passione per  il loro vino e la loro terra. Dato di grande rilevanza è che oggi oltre il 50% delle coltivazioni sono in regime Biologico.


La Malvasia è definito “vino da meditazione” forse perché con un bicchiere di questo nettare a fianco davanti ad uno strepitoso tramonto, come solo alle Eolie si può ammirare, possiamo pensare a come questi momenti di “trascurabile felicità”, siano invece espressione della bellezza del nostro mondo ed io aggiungo del nostro bel Paese. Possiamo sicuramente affermare che questo vino rappresenta una mirabile sintesi del perfetto equilibrio fra Natura, Uomo e Tecnica.
E allora dovremo degustarlo col giusto bicchiere ed alla giusta temperatura: 10-12 °C, per apprezzarne appieno tutte le nuance gusto-olfattive.

 

 Il calice sarà piccolo, corto e panciuto con l’apertura che tende a restringersi per concentrare al massimo gli intensi profumi e gli aromi di frutta candita , uva passa, frutta esotica e sciroppata, frutta secca, confetture, miele e fiori appassiti.
Lo accompagneremo con il Pandoro al cioccolato o ancor meglio con i dolci tipici della tradizione Eoliana:  

 

i nacatuli a base di acqua di rose e mandorle o i giggi ricoperti di vino cotto, o ancora con le casatedde a base di fichi secchi e uva passa.
Un abbinamento curioso e di tendenza è con i formaggi stagionati; il sorprendente contrasto fra la dolcezza del vino e la sapidità del formaggio ne esalta le caratteristiche organolettiche di entrambi.
E allora un augurio speciale per un “dolce Natale”!

Ultima modifica il Sabato, 08 Ottobre 2016 18:48
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