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Un Patologo e il Ponte - LETTERA APERTA A MARCO GIUFFRIDA, NO PONTE

 

 

 - di Cosimo Inferrera *-

 

Caro Marco,

 

Rispetto le idee diverse perché dal confronto tesi/antitesi germina il sano riformismo, che in Italia non gode di buona salute mentre nei paesi anglosassoni è la spina dorsale della democrazia vera, chiara, trasparente, decisionale, senza blocchi e rinvii trentennali, mistificati e mistificatori. Questa premessa ritorna alla fine della mia interlocuzione per una proposta costruttiva, che spero ti coinvolga.

 

Dal tempo in cui Garibaldi consegnò la nostra metà d’Italia al Re sabaudo – con quali e quanti dolori ! – di ponti ne hanno costruito e ne fanno in ogni parte del globo, a diverse latitudini ed in situazioni meteo estreme. Saprai che il Brooklyn Bridge ha quasi la stessa età della nostra Patria ed è ancora lì, pronto a renderci meravigliose passeggiate. Certo non ti sfugge che a Manhattan, dopo il 1883, di ponti ne hanno costruiti altri tre, il Williamsburg Bridge (1903), il Manhattan Bridge (1909), il Queensboro Bridge (1909), uno più dell’altro segno grandioso di crescita e sviluppo. Come non ti sfuggirà che di avversità e disastri le imprese umane ne patiscono a bizzeffe in ogni luogo, non solo nell’ambito dei ponti.

 

La “Stretto di Messina” S.p.A. incaricò oltre 100 professori universitari e ingegneri, 12 istituiti scientifici e universitari nazionali ed esteri, 39 Società ed Associazioni nazionali ed estere. Questo enorme lavorio di ricerca teorica e sperimentale, nonché di progettazione, approdò nel 2002 alprogetto preliminare, che fu messo in appalto. Esso porta la firma dell’ingegnere inglese William Brown, già progettista della Freeman Fox & Partners dal 1956 al 1985 e fondatore della Brown Beech & Associati, esperto di grandi ponti sospesi.Le analisi statiche, le ricerche teoriche e sperimentali, le progettazioni generali e di dettaglio furono condotte dai seguenti professori italiani: il Prof. Leo Finzi del Politecnico di Milano, il Prof. Fabio Brancaleoni dell’Università di Roma, il Prof. Stefano Caramelli dell’Università di Pisa e il Prof. Piero D’Asdia dell’Università di Trieste.La dinamica della struttura per quanto riguarda le azioni del vento fu investigata dal Prof. Giorgio Diana del Politecnico di Milano.

Dunque sotto l’aspetto tecnico sembrano esserci le migliori garanzie, non solo per il peso specifico e il valore professionale della miriade di esperti chiamati a partecipare al progetto contro i pochi che lo avversano. Direi piuttosto che ad un osservatore attento, non prevenuto, con evidenza indiscutibile si impone l’ organicità vasta, sistematica degli studi eseguiti, l’autorevolezza degli Enti e delle Istituzioni, veri e propri colossi mondiali, tutti impegnati in prima linea nell’ardimentoso progetto.

La tua previsione sul limitato impiego di mano d’opera nostrana non trova riscontri univoci. Voci ministeriali hanno dato stime ben superiori a diecimila posti di lavoro; infatti per le enormi opere di cantiere e di movimento materiali non ci sono alternative convenienti alle risorse autoctone; il resto crescerà nel corso dello sviluppo pluriennale dei lavori con un impulso consistente alla formazione tecnica specialistica e professionale.

Ti sarai reso conto, caro Marco, come non restino molti indubitabili sostegni alla posizione negazionista: solo il tuo primo punto relativo alle indagini geologiche mi lascia qualche perplessità.

Finora in verità anche sotto questo aspetto non c’era molto da eccepire. Gli studi geologici furono affidati al Prof. Enzo Boschi dell’Università di Bologna e al Prof. Icilio Finetti dell’Università di Trieste; le analisi sismiche furono di competenza del Prof. Alberto Castellani e del Prof. Giuseppe Grandori, entrambi del Politecnico di Milano; inoltre fu richiesto uno studio sulle probabilità di rischio e sull’affidabilità del progetto al Prof. Daniele Veneziano del Massachusetts Institute of Technology. Però sulla base dei dati esibiti da alcuni geologi calabresi conviene rivisitare la questione in un dibattito pubblico, che infine propongo.

Ora una breve digressione su ciò che ameresti fare al posto del Ponte: opere certamente necessarie, auspicabili che i benpensanti propongono alla pubblica opinione sin dall’epoca del ministro Signorile. Purtroppo tutto si rivela una bufala colossale, giacché né il Ponte né le opere sostitutive trovano mai attuazione con piena soddisfazione di chi odia il Sud, la Sicilia, Messina e Reggio Calabria.

Non vedo come si possa eludere in uno Stato di diritto il pagamento di una ingente penale se l’opera viene accantonata, somma che certo non andrà a favore delle opere di bonifica del territorio. Né si potrà recuperare per lo stesso scopo la quota a carico dello Stato prevista dal “project financing” per la costruzione del Ponte, perché è già finita al Brennero grazie agli ostruzionismi locali.

Tuttavia non ho l’ossessione del Ponte ad ogni costo enon mi lascio sedurre dalle scorciatoie: le mie “ossessioni” sono essenzialmente dettate dal bisogno di fare chiarezza sia sul fare il Ponte – come spero - sia sul non farlo, senza dover versare lacrime di coccodrillo a decisione presa, con danni irreversibili subiti in un caso o nell’altro. La mia posizione ruota attorno atre concetti essenziali:

1) Il Ponte va realizzato al più presto in quanto opera vitale per i flussi macroeconomici; puoi trovare un’ampia illustrazione di tale posizione in questo Blog, tag “Giornalando”, articoli “La Sicilia dopo Suez …”, “Lettera aperta al ministro Passera”, “Quei medici pietosi …”. Tu invece vedi il Ponte come un’opera localistica ed in questo divergiamo.

2) Il Ponte nudo e crudo com'è, difficilmente si rivelerà auto sostenibile, se cioè rimane privo delle opportune e necessarie predisposizioni atte renderlo un Ponte territorio; in questo le nostre posizioni possono collimare più di quanto immagini.

3) Senza un Project financing perfetto, posto sotto tutela sovranazionale, l'opera potrebbe dissiparsi in una colossale <mala gestio>; anche su questo le nostre posizioni possono trovare forte convergenza.        

I tre punti rappresentavano l’ossatura di un Convegno scientifico di alto profilo promosso dal Comitato “Ponte Subito” e dal Gruppo di studio “Non solo Ponte” in collaborazione con la Presidenza della Regione Calabria, previsto per il 14 Luglio u.s. nel Palazzo del Consiglio Regionale a Reggio Calabria, svanito nel nulla all’ultimo momento. Di questo deprecabile infortunio puoi trovare menzione in una nota doverosamente portata a conoscenza degli illustri relatori e della pubblica opinione nei Blog www.ilcalcestruzzo.it e www.strettoweb.com a firma di Giovanni Alvaro e del sottoscritto. In questi giorni la Regione Calabria rilancia l’iniziativa per il prossimo settembre-ottobre, auspicando la collaborazione scientifica della Facoltà di Architettura dell’Ateneo di Reggio Calabria.

Ed ecco la mia proposta costruttiva: perché non chiedere insieme un incontro sul tema e proporre l’inserimento di una nuova sessione di h.1.30 intorno alla questione geologica con l’intervento di esperti di valore e tecnici della Soc. Stretto di Messina-Impregilo-Eurolink ? Sarebbe un raro esempio di sano spirito riformistico, di cui le nostre contrade hanno sempre più bisogno.

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*Professore ordinario a. r. di Anatomia Istologia Patologica e Citodiagnostica dell’Università degli Studi di Messina  

Ultima modifica il Sabato, 08 Ottobre 2016 19:15
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