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Tortorici

Altitudine: m. 468 s.l.m.

Etimologia: dal latino “Turris Tudith” o dalle antiche denominazioni “Turri polit”o “Torre Orice”

Abitanti: tortoriciani od oricensi  (6984 unità nel 2008)

Densità: 100 Km/q

Patrono: San Sebastiano (festa e processione il 20 gennaio)

Ambiente e risorse: il territorio di Tortorici è fortemente connotato da un ambiente naturale tra i più vari e ricchi di tutto il comprensorio dei Nebrodi in un insieme discontinuo di rilievi e vallate, incise nel fondo dalle caratteristiche fiumare che con l'affluenza di vari torrenti, finiscono per formare il fiume Grande o Tortorici.

Sono tuttavia ottime le possibilità di sviluppo per l’agricoltura e  per l’allevamento del bestiame. Si produce grano, uva, castagne, ghiande e nocciole (ricordiamo la sagra del nocciolo nel mese di agosto). Si allevano ovini, bovini, suini ed equini. Il territorio offre altresì una particolare ricchezza di boschi, e laghi (Pisciotto)  contesti eccellenti per una fauna, specie quella ornitologica, di grande interesse.

Dal punto di vista naturalistico, Tortorici offre la possibilita' di effettuare delle rigeneranti escursioni dall'alto valo re paesaggistico comprendenti, tra l'altro, siti suggestivi come il Monte San Pietro, la Rocca di San Marco, il Pizzo di Cucullo, la Riserva Naturale del Lago di Trearie, e "La Cappella delle Tre Vergini", nel cuore del Parco delle Nebrodi.

Personaggi:
Giuseppe Tomasi, pittore del sec.XVII,  formatosi alla scuola di Pietro D’Asaro e di Giuseppe Salerno (alias lo Zoppo di Gangi). Dipinse con ispirazione caravaggesca numerose tele a soggetto sacro che hanno arredato numerose Chiese dei Nebrodi.
Sebastiano Timpanaro, studioso, filologo classico, critico letterario e uomo politico, nasce a Tortorici il 20 gennaio 1888. Il padre, falegname, si chiama Sebastiano, la madre Maria Teresa Fonti. Frequenta il ginnasio a Patti, il liceo ad Acireale e il primo anno di università a Napoli, presso la facoltà di fisica. Si trasferisce all'università di Bologna, in quel periodo la migliore per gli studi di fisica sperimentale, per i quali Timpanaro ha una particolare predilezione. Nel 1941 su espressa volontà di Giovanni Gentile fu nominato direttore della "Domus Galileana" di Pisa che curò l'edizione critica delle opere di Galileo. L'attività della Domus Galilaeana viene però paralizzata dai bombardamenti aerei della seconda guerra mondiale (durante la quale Timpanaro riesce a salvare l'ingente patrimonio storico-bibliografico della Domus) e dall'assenza di finanziamenti nel dopoguerra. Dopo la liberazione, Timpanaro si iscrive al Partito Socialista Italiano. Nel 1948, diventa segretario del Gruppo italiano di Storia della Scienza. Si spegne a Pisa il 22 dicembre 1949.

Curiosità: famosa a Tortorici è la “Pietra della Pittima” cioè un blocco di marmo una volta posto davanti al sagrato della Chiesa di san Nicola (1766) legato alla singolare consuetudine che colui il quale contraeva debiti ed era poi incapace di pagarli, poteva pubblicamente dichiarare fallimento in una forma strana: in giorno festivo, all’uscita della gente dalla chiesa dopo la messa di mezzogiorno, doveva “coram populo” abbassarsi le brache davanti a quella pietra e “denudato culo” batterlo per tre volte di seguito su di essa; fatto ciò i suoi creditori non avrebbero più vantato crediti nei suoi confronti.

 


 

Storia

 

Nei secoli si tramandò la storia che la città fu fondata da un gruppo di profughi provenienti dal nord Africa, tra il 681 e il 703, che abitarono il luogo chiamandolo Orice in memoria della località Aures da cui provenivano. In epoca normanna Federico di Svevia concesse il territorio di Tortorici a Guidone Pollicino. La citta' nel XII secolo era già notevolmente sviluppata. Conobbe la dipendenza feudale e quella dal demanio, dalla quale si riscatto' nel 1628.

Nel periodo Angioino il feudo andò a Girardo e Bertrando de Artus, ma con l'avvento degli spagnoli tornò ai Pollicino. In seguito passò a Federico Moncada. La famiglia Moncada rimarrà proprietaria fino al 1597 quando Federico junior, l'ultimo dei Moncada, vendette la baronia alle famiglie Mastrilli e Corbera.

Due alluvioni, negli anni 1682 e 1753 distrussero la città mettendo in crisi l'economia locale che si era sviluppata nei secoli XVI e XVII. Fa parte della storia della città dal Trecento in poi la prestigiosa scuola della lavorazione dei metalli (oro, rame, ferro e stagno)  da cui ebbe poi  sviluppo l’arte della fusione delle campane. Infatti anche se oggi è ormai scomparsa l’attività delle fonderie, Tortorici è ancora denominata la “città delle campane”.

Da Tortorici provengono le campane di quasi tutte le chiese della Sicilia ed ,in particolare, il “Campanone” del Duomo di Catania (1338); le due suonate da Dina e Clarenza dell’orologio del Duomo di Messina; quelle della Cattedrale di Palermo ed infine quelle famose, legate alla storia del nostro Risorgimento, della Gancia a Palermo che salutarono con il loro suono l’insorgere del Popolo Siciliano nel 1860 contro i Borboni. Nei primi anni del Novecento i Tortoriciani intrapresero con successo intense attività commerciali avvalendosi principalmente del pregiato prodotto delle nocciole che collocavano sul mercato di Catania e da dove acquistavano tutte le specie di mercanzie.

Col passare dei decenni però la città fu spogliata di quasi tutti gli uffici pubblici che vennero concentrati nella vicina Sant'Agata Militello. Ciò provocò il graduale allontanamento dei professionisti, degli artigiani, sopraffatti dai prodotti dell'industria, e dei contadini che, dopo secoli, iniziarono ad abbandonare la secolare coltivazione dei noccioleti che copriva oltre la metà del territorio.

 


 

Bemi Culturali

 

Sviluppatosi al tempo della dominazione normanna ebbe il suo periodo di massimo splendore storico ed artistico nel XVII secolo quando vantando il titolo di Città Regia e ospitando l’insigne pittore Giuseppe Tomasi, lo scultore Antonello Gagini e diversi altri maestri , fu arricchita di un patrimonio di opere d’arte d’inestimabile valore.
Proprio all’arte campanaria è stato dedicato un bel monumento nella centralissima Piazza Timpanaro. Proprio in questa piazza hanno anche sede due interessantissimi musei.

Il primo è il  Museo Etnofotografico “Franchina Letizia”, istituito nel 2002 che raccoglie e custodisce una mostra di circa 5000 foto d’epoca con relative macchine fotografiche, attrezzature specifiche, riviste specializzate risalenti al 1913, lastre e pellicole originali.

Il secondo è il “Centro di Storia Patria dei Nebrodi  S. Franchina” nel quale sono raccolte e custodite antiche e preziose campane, arredi e attrezzi di maestri della lavorazione del bronzo, del ferro, della pietra, nonché numerosi prodotti della civiltà agro-pastorale ed artigiana del territorio nebroideo che rappresentano veri e propri tesori del passato.

Poco distante da Piazza Timpanaro si trova la più antica chiesa di Tortorici quella di S. Nicolò che risale al sec. XII ma interamente restaurata dopo l’alluvione del 1682.  All’interno dell’unica navata  si possono ammirare il bel soffitto ligneo del 1600,  due preziosi altari laterali e, sulle pareti riccamente decorate, la coeva tela di S. Domenica, con la sua massiccia ed artistica cornice, la tela delle Anime del Purgatorio (1654) di Giuseppe Tomasi, pittore locale di forte ispirazione caravaggesca, e la statua di San Giuseppe con Bambino opera di Sebastiano Leone.

Le notevoli espressioni architettoniche ed artistiche che la citta' offre si possono ammirare attraverso le strette ed affascinanti stradine acciottolate, lungo le quali si affacciano palazzi nobiliari, balconi, archi, cortili e scalette tipiche del periodo medioevale.

La barocca Chiesa Madre in stile barocco dedicata a  Santa Maria Assunta  (1754)  si presenta con una facciata su cui si aprono tre eleganti portali. Il centrale e' sormontato da un bassorilievo  raffigurante la Madonna col Bambino e due Angeli che proviene da un’antica chiesa quattrocentesca.
Al suo interno vi è la statua della Madonna del Soccorso della scuola del Gagini, di scuola gaginiana, la Madonna del Rosario, statua lignea del sec. XVII, ed un cinquecentesco Crocifisso della scuola del Matinati.

Di fronte alla Chiesa Madre si trova la Chiesa di S. Francesco o del Convento dei Frati Minori (1602) con il suo portale del 1400, capolavoro di maestri scalpellini locali, già appartenuto alla Chiesa di S. Maria fuori le Mura.
L’interno è a tre navate divise da otto colonne monolitiche lisce con archi a sesto acuto: in fondo a quella di sinistra sono conservate le bellissime statue di San Francesco e di Fra Leone realizzate nel 1559 da Antonio e Giacomo Gagini; in fondo a quella destra si trova la statua in legno di S. Paolo del 1658, scolpita dall’artista locale Sebastiano Leone.
Al centro il ricco altare maggiore costruito nel 1689. Il pavimento dell’altare conserva ancora i mattoni di Valenzia risalenti al 1600. Da ammirare infine il soffitto in legno decorato da Giuseppe Tomasi (1600) nel quale risaltano le figure di S. Antonino, S. Francesco e dell’Immacolata. Di fronte al ponte sul Torrente Bunneri si erge facciata della piccola Chiesa della Misericordia  con il suo portale in legno realizzato da maestranze locali. All’interno si trova un dipinto raffigurante Santa Maria della Misericordia realizzato dal pittore palermitano Salvatore Ribela nel 1782.

Molto interessante, infine, una visita alla famosa antica fonderia campanaria “Trusso”
Pure da ammirare è infinela settecentesca Chiesa della Batia che custodisce tre belle statue di marmo della scuola del Gagini.

 


 

Tradizioni

 

Il sabato più vicino al 13 gennaio si celebra il rito della “bula” cioè una fiaccolata di alte torce realizzate con fasci di infiorescenze che intende ricordare le processioni dei primi cristiani.

La domenica invece ha luogo la festa dell’alloro in ricordo del primo martirio di San Sebastiano che venne legato ad un albero e trafitto da frecce. I devoti, che hanno in precedenza tagliato nodosi rami dall'alloro o agrifoglio, scorticato il tronco e appeso un fiocco rosso e delle bacche depositano l'alloro davanti al Palazzo della Città (una volta Palazzo dei Giurati), creando così un improvvisato bosco magico.

L'alloro ricorda il bosco di alloro sacro ad Adone dove S. Sebastiano, legato nudo ad un albero, è bersaglio delle frecce dei feroci arcieri della Mauritania. Nell’occasione vengono pure preparati e benedetti i “panitti”, piccole forma di pane da distribuire ai fedeli.

 

 

 

 

 

 

 

Ultima modifica il Domenica, 09 Ottobre 2016 09:14
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