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Articoli filtrati per data: Martedì, 04 Aprile 2017

-La redazione -

Nell’ambito del programma della “Associazione Culturale Maurolico”, Il professore Giuseppe Rando ha tenuto ieri la sua attesa conferenza letteraria nell’Aula Magna dello storico Liceo messinese, trattando con lucidità e chiarezza espositiva – nonostante la ristrettezza dei tempi (il personale scolastico “chiude” giustamente alle diciotto) – sei argomenti interconnessi ed estremamente rilevanti:

  1. La rivoluzione - non solo linguistica - di Giovanni Verga che, insieme con De Roberto e Pirandello, ha fondato il romanzo moderno in Italia.
  2. La necessità dell’aggiornamento degli insegnanti, avallato dalla riforma della scuola, dacché, in questo ultimo cinquantennio, le innovazioni intervenute sul terreno della critica letteraria, della didattica della letteratura, della letteratura comparata, delle scienze umane (linguistica, psicologia, sociologia, semiologia in primis) e dei cultural studies hanno modificato profondamente il quadro degli studi letterari e dell’educazione letteraria, producendo nuove forme di fruizione dei testi, che gli studenti hanno diritto di conoscere per non restare spiazzati di fronte alle opportunità di lavoro offerte dalla società tecnologica avanzata. Il professore Rando si è detto assolutamente convinto che studiare letteratura oggi significhi scandagliare il vivificante rapporto tra letteratura e scienze umane, fatta salva, ovviamente, l’autonomia della letteratura e dei suoi indefettibili statuti. Secondo lui, il «professore retore d’antan (caro alle anime belle, estetizzanti), in una con l’asettico filologo», è fuori tempo nonché fuori posto nella scuola di oggi dove si avverte piuttosto l’esigenza del «professore come intellettuale», per dirla con Luperini, capace di trasmettere le nuove conoscenze letterarie e contribuire alla crescita umana, sociale e (domani) professionale dei giovani.
  3. L’adozione da parte degli scrittori messinesi dell’Otto-Novecento, della mimesi linguistica, di verghiana memoria, come mescidazione di lingua e dialetto (Boner, Vitarelli, D’Arrigo, Consolo) e della valorizzazione del dialetto tout court (Maria Costa).
  4. La posizione ambigua di Edoardo Giacomo Boner che fu un acuto intellettuale borghese, di confine: post-verista, da un lato, ma sensibile alle insorgenze dello Spiritualismo di fine secolo, dall’altro.
  5. La matrice nichilistica di Horcynus Orca, in cui Giuseppe Rando ha, tra l’altro, scoperto una citazione heideggeriana dissimulata nella fitta compagine testuale.
  6. La ricchezza lessicale e l’alta risoluzione stilistica delle puisii e dei cunti di Maria Costa, che è poeta, perché «del poeta possiede una precisa visione del mondo e l’attitudine a tradurla in versi, in musica».

I colleghi intervenuti hanno auspicato che argomenti tanto interessanti possano essere ripresi in altro momento, anche in altra sede.

Pubblicato in Comunicati stampa

 - di Marcello Crinò -

Castroreale, cittadina di origine medievale (la torre del castello di Federico II risale al 1324), fa parte del club dei “Borghi più belli d’Italia”, dove solo 250 comuni possono farvi parte, e per mantenere il titolo bisogna salvaguardare costantemente le caratteristiche storiche dei luoghi. Città d’arte e di tradizioni, Castroreale è sede di una festa unica al mondo che si svolge due volte l’anno.

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Nella Settimana Santa e ad agosto viene portato in processione “U Signuri Longu” (Il Cristo lungo), un Crocifisso in cartapesta realizzato nel XVII secolo da un anonimo artista, custodito e venerato nella Chiesa di S. Agata, richiamando un gran numero di fedeli e cultori della tradizioni locali. La chiesa di Sant'Agata conserva altre opere degne di rilievo, tra le quali spicca l'importante trittico marmoreo dell'Annunciazione (1519) dello scultore Antonello Gagini.

Il Crocifisso, a misura d’uomo, montato su un palo di cipresso lungo circa tredici metri, è inalberato e messo a piombo su un pesante fercolo mediante un complicato meccanismo di pertiche lignee con terminali a forcina,  e viene portato in processione il Mercoledì e il Venerdì Santo. L'attrazione maggiore della festa è l’emozionante trasporto della vara, che tiene per tutta la sua durata col fiato sospeso i presenti che da ogni parte accorrono ad assistervi. La manifestazione religiosa è accompagnata da luminarie, concerti bandistici, spettacoli folkloristici, gare sportive e fuochi d’artificio.

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La vara di legno massiccio è molto pesante, circa trecento chilogrammi, mentre il fercolo nel suo complesso raggiunge il peso di circa quattrocentocinquanta chilogrammi ed è portato a spalla da sedici uomini. A manovrare le forcine delle pertiche ci sono degli esperti “maestri di forcina” che permettono al simulacro di muoversi bene tra le strette strade dell’antico paese, che spesso sono in discesa.

Secondo un'antica tradizione i portatori erano un tempo quasi tutti contadini, mentre i forcinari erano artigiani del legno o assimilati. Osservando da lontano l’incedere della vara durante il percorso,  la Croce sembra scivolare lentamente sui tetti delle case quasi a voler proteggere Castroreale e i suoi abitanti.

Il percorso del Mercoledì Santo si sviluppa in questo modo: Chiesa di Sant'Agata, Via Siracusa, Via 3 Novembre, Piazza Duomo, interno Chiesa Madre, celebrazione S. Messa, Piazza Duomo, Corso Umberto I°, Piazza della Candelora, Corso Umberto I°, Salita SS. Salvatore, Piazza Pertini (Municipio), Via Siracusa, Chiesa di Sant'Agata.

Il percorso del Venerdì Santo è lo stesso, senza l’ingresso nella Chiesa Madre, con il Crocifisso accompagnato dalle seguenti “varette”: Ecce Homo (legno dipinto del ‘600), Gesù nell’Orto degli ulivi (legno dipinto del ‘600), L’Addolorata (opera di Michele Gangeri del 1860), Gesù morto (legno del ‘600). Esiste anche una “varetta” raffigurante Maria ai piedi della Croce (in legno e cartapesta, da restaurare). Attualmente è custodita nelle cripte della Chiesa di Santa Marina, adibita  di recente a piccolo museo degli arredi sacri.

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La processione, nata per la Settimana Santa intorno al 1646-1655, viene replicata il 23 e il 25 agosto. Ciò avviene perché nel 1854 il Crocifisso fu portato in processione per impedire il propagarsi dell’epidemia di colera che si era diffusa a Messina. A seguito di questa processione sarebbe avvenuta la “miracolosa” guarigione della signora messinese Giuseppina Vadalà, che giunta a Castroreale per scampare all’epidemia, manifestò i primi sintomi del colera. I cittadini allarmati portarono in processione il 25 agosto “U Signuri Longu” il quale, giunto in prossimità della casa della signora avrebbe compiuto il miracolo di guarirla. Non si verificarono altri casi della malattia, i fedeli gridarono al miracolo e il marito, Orazio Nicosia, donò al clero venti onze in onore del Crocifisso, come riferì lo storico Mario Casalaina nel suo testo su Castroreale del 1910. 

In quest’occasione il simulacro esce dalla chiesa di Sant’Agata, e seguendo lo stesso percorso della Settimana Santa, viene portato nella Chiesa Madre, all'interno della quale rimane esposto alla venerazione dei fedeli fino al pomeriggio del giorno 25, quando viene restituito, sempre processionalmente, alla Chiesa di S. Agata.

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