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NO AI LAMENTI SE SI RIFIUTANO CONCRETE IPOTESI DI CRESCITA

  

- di  Giovanni ALVARO -

 

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Debbo confessare subito che mai come questa volta ho percepito un articolo di Sansonetti come scontato, inutile e chiaramente riconducibile a una cultura di sinistra. Parlo del pezzo scritto dal giornalista per presentare il nuovo titolo del giornale che dirige in Calabria che si trasforma da Calabria Ora in l’Ora della Calabria, e col quale incita i calabresi a “scendere in campo, ora, subito, senza indugi per giocarsi la partita della crisi”. Ma aldilà di slogan che potevano essere inseriti in un articolo vent’anni fa, e anche 40 o 60 fa, non c’è la traccia di una proposta che sia tale.

Per questo l’articolo dà la sensazione d’essere scontato e inutile, una specie di copia e incolla di pezzi retrodatati. Ripetere, criminalizzando la ricchezza, che è necessario che ‘i poveri siano meno poveri e i ricchi meno ricchi’ lascia il tempo che trova perché le scelte di carattere economico non dipendono da volontà solidaristiche ma da concrete scelte fatte negli interessi dell’intero Paese, di quello del Nord come di quello del Sud. Altrimenti il tutto si riduce ad un lamento sulle disgrazie della Calabria che, poi, sono anche di altre zone del Mezzogiorno. Non serve, infatti, a nulla lamentarsi per i continui tagli alle linee ferroviarie e per il gap negativo sulle infrastrutture perché è da decenni che ci si lamenta senza alcun risultato.

La cosa, tra l’altro, è ancor più grave se in passato si è stati protagonisti di campagne contro importanti opere pubbliche che potevano, come ancora possono, innescare meccanismi di forte ripresa nelle zone meridionali, ma sono servite, invece, a far percepire quelle opere come sperperi a favore della criminalità organizzata, mafia o ‘ndragheta che fosse, costruendo, involontariamente si spera, un muro negativo nell’opinione pubblica nazionale. Anche lo stesso lamento di oggi rischia di produrre lo stesso effetto. Ed allora sarebbe opportuna una riflessione reale, lontana dai soliti luoghi comuni, da sedimentazioni prodotte dall’appartenenza, e da convincimenti che nulla hanno a che vedere con i problemi reali e le occasioni che l’economia offre. Ed è questa riflessione che può aiutare un giornale meridionale che vorrebbe spendersi per la Calabria e il Meridione, a diventare il punto di riferimento di un riscatto delle popolazione del Sud.

Per esempio il Ponte sullo Stretto spesso, ma molto spesso, viene percepito o come obiettivo berlusconiano, e sol per questo destinatario di battaglie contro e da ‘massacrare’ a prescindere, o come infrastruttura rivendicata per favorire il pendolarismo tra le due sponde, ma mai viene percepito per quello che è realmente e cioè anello fondamentale di uno dei corridoi europei pensati dalla Comunità per agevolare e facilitare l’interscambio commerciale tra l’Europa e il Medio ed Estremo Oriente.

Pochi, pochissimi sanno che entrano ed escono dal Canale di Suez oltre 2000 navi al mese e che oltre la metà di esse trasporta merci con i container e che si sta raddoppiando la larghezza del canale per raddoppiare il flusso mercantile. Si tratta, attualmente, di un flusso mensile di ben 5.000.000 milioni di container che oggi per arrivare a destinazione debbono usare lo Stretto di Gibilterra puntando verso il Nord dell’Europa e viceversa. Usando l’alta velocità prevista per i corridoi si risparmiano da 5 a 6 giorni di navigazione e di noli da qua la convenienza per i tempi e per i costi. Per trasportare 5 milioni di container (170.000 al giorno) c’è bisogno di oltre 3.000 treni al giorno (1500 verso il Nord e 1500 verso il Sud). Ma se il flusso è tale ci si rende conto di cosa serve per agevolare la movimentazione?

Ci si rende conto che non basta Gioia Tauro a smaltire tale flusso? E che c’è bisogno di utilizzare tutti, e sottolineo tutti, gli altri porti siciliani e calabresi e porti di altre regioni? Facendo di Gioia Tauro uno degli hub e puntando anche sull’hub di quello di Augusta, avrebbero altra vita i porti di Siracusa, Catania, Messina, Milazzo e Palermo in Sicilia, e Reggio, Vibo in Calabria e lo stesso porto di Taranto in Puglia che il governatore di quella regione ha pensato di difendere attaccando il proseguimento dell’alta velocità da Salerno verso l’estremo Sud. Neanche Genova sarebbe penalizzata che con il traforo delle Alpi avrà una direttissima ad alta velocità e capterebbe il traffico merci diretto verso Rotterdam.

Come si vede c’è lavoro per tutti rilanciando il sistema portuale, oggi asfittico e precario, senza escludere nessuno. Ciò comporta un sistema logistico di grande respiro che coinvolgerebbe le due regioni dell’estremo sud che, sfruttando per i viaggi passeggeri l’alta velocità, si libererebbero dall’isolamento che patiscono a beneficio del turismo che oggi viene ridotto dai tempi incredibili per raggiungere le località meridionali.

I benefici per l’Italia? Ridurre la presenza di tir sulle autostrade, realizzare un moderno sistema ferroviario, ottenere un forte introito per la movimentazione dei carri-container, evitare d’essere esclusa dai processi in atto (non va dimenticato che le lungaggini burocratiche e le scellerate scelte del Governo Monti contro il Ponte hanno accelerato le scelte imprenditoriali private – già in fase di realizzazione – col progetto FerrMed che congiungerà la penisola iberica e la Francia con i propri porti affacciati sul Mediterraneo al resto dell’Europa. Non mi sembra poco sopratutto se si aggiunge che la banca finanziatrice del Ponte e dell’alta velocità si chiama Cina (l’impegno finanziario col sistema del project financing non graverebbe sulle finanze pubbliche italiane).

Ecco allora che si esce dalle lamentele fornendo ipotesi di lavoro concrete e con ricadute immediate (l’apertura del cantiere Ponte si realizzerebbe in 150 giorni) contro la recessione e la disoccupazione drammatica che patisce il Paese..

                                                                                                                            

Reggio Calabria 5.8.2013

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