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I VINI NELL’ANTICA ROMA.

Alcune fonti citano che Livia la casta moglie di Augusto,affermava in modo categorico che lei
avesse raggiunto con felicità e piacere l’età della maturità grazie al divino vino che aveva
esaltato la consumazione dei suoi pasti. Poi l’odioso proibizionismo per le donne romane di
bere il vino decadde in età repubblicana grazie anche a Giulio Cesare , poi durante il
Cristianesimo il divieto per il gentil sesso fu ripristinato. Plutarco sosteneva che nel cuore
dell’uomo dotato di diligenza media non venivano mai pronunciate parole a sproposito, invece
quando il soggetto era sottto l’effetto etilico sovente gli scappavano parole che da sobrio non
avrebbe mai pronunciato. In pratica con questa miracolosa bevanda ,come dicevano gli
antichi romani si arrivava:”in vino veritas”. I Romani adoravano Bacchus e Liber , che li
consideravano Dei del Vino, venivano onorati con grandiosi Baccanali , che pur essendo stati
vietati nel 186 A.C. lo stesso venivano celebrati segretamente in età imperiale. Possiamo
affermare che le origini della cultura vitivinicola romana vanno ricercate in provenienze
autoctone,poi Etrusche e in parte minima in Grecia. Il filosofo greco Sofocle (V sec.
A.C. )”terra prediletta dal Dio Bacco” . Diodoro Siculo affermava che questa pianta dalle
mille proprietà si sviluppava e cresceva spontaneamente e negava che la vite era stata
introdotta da altri paesi , aggiungeva che la vite era coltivata da popolazioni del posto . Stessa
cosa riportava Plinio nei suoi numerosi scritti sosteneva che la vite all’inizio
dell’espansione di Roma vi erano viti selvatiche che si sviluppavano senza controllo.
Dobbiamo ammettere che i Romani avevano un’accentuata conoscenza della vite e della
vinificazione, avevano carpito questi preziosi segreti dagli Etruschi,,Greci e soprattutto dai
loro grandi nemici i Cartaginesi .I Romani avevano imparato dai Cartaginesi a costruire
aziende agricole efficienti e produttive,con enormi guadagni,tutto doveva essere funzione del
business per i nuovi conquistatori(Romani),veniva curata nei minimi dettagli l’organizzazione
e la produzione Nacquero piantagioni finalizzate portate avanti dai numerosi schiavi che
Roma prendeva dai vari territori che conquistava. Fra i vari vini dell’epoca romana
ricordiamo il vinum Falernum che aveva la sua zona in Campania , alle pendici dei Monti
Petrino , un grande mescolanza di rocce piene di minerali ,con rocce calcaree e sedimentarie.
Non solo i Romani ebbero la grande idea di creare delle terrazze drenanti che avevano la
funzione di preservare la pianta a una temperatura ideale con un’umidità efficace e un calore
appropriato. Columella, autore del De rustica, consigliava di mantenere una distanza di tre
metri tra un vigneto e un altro, mentre Plinio sosteneva che i vini Italiani nel I secolo A.C.
avevano superati i vini Greci,con la conquista della Spagna il vino “Betico” giunse a Roma in
grosse quantità ,il poeta Marziale questo vino spagnolo era molto apprezzato. La tecnica della
vite romana fu modificata rispetto agli altri popoli,venne sostituita dal filare con intrecciata di
canne,fino a giungere agli impianti cordone e guyot.Il vino veniva fermentato nei dogli , vasi
di terracotta panciuti che potevano contenere 1000 litri e poi travasato in anfore più piccole e
veniva lasciato invecchiare per 20 anni circa. Queste informazioni le attingiamo sempre dal
Columella,che nel I SEC. D.C. scrisse il DE rustica , un vero e proprio trattato di viticoltura.
I migliori vini ,non subivano il trattamento ma venivano arricchiti con l’aggiunta di
defretum,un mosto molto concentrato che aumentava la gradazione alcolica. Il vino migliore
veniva invecchiato, in soffitta o al sole (Banjuls) ,i vini meno buoni o troppo recenti,veniva
aggiunto il sale,acqua marina, resina e gesso. Altri affermavano che la fermentazione non era
controllata e questo aumentava il grado alcolico, pure se in realtà i romani conoscevano il
taglio del vino, quindi spesso mescolavano i vini con bassa gradazione con vini più forti,
aggiungendo miele e aromi . Addirittura i romani avevano conoscenze per trasformare il vino
bianco in rosso. In epoca imperiale i romani diffusero la coltura della vite in tutti i territori
da loro conquistati ,anche se bisogna ammettere che i Romani preferivano vini liquorosi
annacquati ,i Galli preferivano bere il vino puro, i romani invece prediligevano sorseggiare il
vino aggiungendo l’acqua, chi non lo faceva per loro era considerato un incivile Il vino era

importante per ogni banchetto per lo più con aggiunta di acqua fredda e calda ,poi i vini di
una volta erano molto più alcolici di una volta. Anche se Plinio sosteneva la superiorità senza
mescolanze,la birra anche se conosciuta poco amata, non per niente il suolo italico era
conosciuto come Enotria , cioè terra dei vini . Marco Porcio Catone(234-149 a.c.) mise la vigna
come la prima delle culture italiche, anche a Roma nell’antica Urbe in una collina chiamato
Testaccio avveniva il commercio del vino; mentre nell’Italia centrale si svilupparono tre
varietà: il Trebbiano, il Montepulciano d’Abruzzo, il Sangiovese .Con il vino si onoravano i
morti accanto alla danza e al suono dei flauti ,in particolare nel ceto aristocratico erano
diffuse pratiche religiose per onorare il Dio Bacco(Fufluns),queste manifestazioni religiose
erano molto segrete e l’ausilio di questa bevanda ,cioè il vino provocava un’eccitazione
spirituale.

Dott. Roberto d’Amato.

Ultima modifica il Lunedì, 24 Ottobre 2022 07:48
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