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La scuola vista da Freud e dagli studenti del “Quasimodo” - Serena Caputi


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“Gioco di vita” questa frase, dello psicanalista tedesco Sigmund Freud, esprime un cosi grande senso di spensieratezza… sensazioni che, purtroppo , non posso affermare di provare tra le quattro mura scolastiche.

Il costante sentirsi giudicati , quel senso di inferiorità che nasce nel momento in cui vieni tirato in ballo,in un paragone che non andrebbe fatto, le ingiustizie che vedi palesarsi sotto i tuoi occhi… ecco come incide la scuola su noi e su di me.

Dietro quella cattedra, bisogna essere “umani”, prima di essere insegnanti, insegnare la vita , dare l’esempio a una generazione che andrà a crearsi, sotto le impronte dei propri maestri.

In che modo la scuola può incidere nel rapportarsi con gli altri? Ogni scuola è composta da alunni e insegnanti, gli alunni sono un po’ come piccoli specchi che riflettono le qualità che gli vengono instillate; se un insegnante non riesce a rapportarsi con un alunno, se non sa comprenderlo , incoraggiarlo, rassicurarlo … renderà questo allenamento alla vita troppo pesante, per le spalle fragili di quel ragazzo.

Mi piacerebbe che per una volta, il docente si fermasse un momento, si interrompesse la routine quotidiana fatta di interrogazioni, spiegazioni e compiti in classe, per parlare con i ragazzi… ascoltarli davvero!

I più grandi insegnanti resteranno sempre coloro che metteranno il cuore, prima di emettere una valutazione, ecco quando questo “allenamento” come afferma Freud potrà considerarsi davvero efficace . ( IVB)

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