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I Cantieri Rodriguez

- di Marco Giuffrida -

 

Anni 1955, 1956. Ma è storia questa che certamente comincia qualche anno prima. E comincia in Piazza Municipio quando solo ai margini, in prossimità dei marciapiedi, vi erano file di alte palme. La domenica, “trascinati” dalla presenza di un giovane, Donatello Romano, si andavano a vedere volare gli aeromodelli.

Donatello, alto, magro, capelli e barba di un bel rosso rame, arrivava a bordo di un motorino che si era costruito su un telaio recuperato fra i residuati bellici. Era il mezzo pieghevole di certe truppe paracadutate americane. Subito, Donatello, si metteva all’opera e, dopo pochi minuti, rombante, si levava in volo e cominciava a girare in circolo un piccolo aereo a motore che controllava con dei lunghi fili.

Aveva le mani d’oro ma, soprattutto amava le novità e ingegnandosi con quello che si riusciva a trovare sul mercato a “quei tempi”, costruiva i modellini e le cose più impensabili. Dal motorino, come ho scritto, allo slittino, per arrivare agli alianti di tutte le dimensioni. Aerei a motore a scoppio e  ad elastico “passando”, poi, ad un grande motoscafo radiocomandato, che presentò un agosto in Fiera. E per finire, costruì anche un aliscafo radiocomandato che riproduceva e, in qualche modo anticipava, quello in montaggio presso i Cantieri Rodriguez di Messina.

Splendido modello che faceva sognare con le sue evoluzioni e, soprattutto, che appena presa velocità si sollevava dall’acqua e navigava sostenendosi sull’ala a “V” a prora. Donatello con al collo la grossa e pesante scatola del radiocomando, spostando leve e premendo pulsanti, inviava i comandi necessari per la navigazione. Questo non passò inosservato a chi dirigeba quei Cantieri  e il “nostro” Donatello fu chiamato a svolgere non ricordo bene quale lavoro. Probabilmente per preparare modelli per le esposizioni o per ulteriori studi dell’Azienda.

“Lui” lavorava all’Ufficio Imposte (o qualcosa del genere) presso l’Intendenza di Finanza dove mio Padre era Funzionario. Nell’accettare questa nuova attività si mise in “aspettativa”, di questo ne sono certo e lo ricordo bene.

La domenica, comunque, tutti rispettavamo l’appuntamento ed io mi aggregavo, sempre se ero libero da riunioni o uscite con gli Scout. Donatello arrivava sul suo motorino color panna che aveva battezzato per la forma “Il Panino” ed io, assieme a qualche altro interessato, ero lì pronto a dargli una mano. Altre volte invece l’appuntamento era lungo la Passeggiata a Mare, per collaudare o provare le sue imbarcazioni.

Affascinante!

Anche a mio Padre piaceva assistere a queste prove e, un giorno, “loro adulti”, si misero a discutere di modelli ma, anche di navi vere, tanto che Donatello si impegnò a chiedere alla Direzione del Cantiere il permesso di farci vedere da vicino l’Aliscafo in costruzione: “La Freccia del Sole” o qualcosa del genere. Un Nome che “sapeva” di bello, di speranza, di luce.

Il permesso, però, non giunse subito perché gli estranei non erano ammessi di buon grado. Ma il modo cortese di Donatello e, probabilmente, il ruolo di mio Padre, ebbero la meglio e superarono ogni reticenza.

Andammo a piedi dal Torrente Boccetta fino alla Zona Falcata del Porto dove vi era il Cantiere. Non ho certo ricordo dei dettagli, ma dopo avere incontrato Donatello all’ingresso, fummo condotti in un grande capannone dove, ad assemblaggio quasi ultimato, illuminato da potenti fari troneggiava l’Aliscafo.

Nulla a che vedere con quelli maestosi ed enormi dei giorni odierni, ma per quegli anni era certamente un’imbarcazione “importante” e, sicuramente, complessa: un autentico “Mostro” della Tecnica!

Fu visione di pochi minuti con semplici descrizioni della funzione delle “ali” e del lungo asse che, uscendo dalla carena, dalla “Sala Macchine” andava fino all’elica. Attorno allo scafo vi era un brulicare di Operai e di Tecnici dediti alle loro mansioni: ognuno sapeva dove andare e cosa fare. Pareva quasi di osservare un grande e laborioso formicaio.

C’era di che sentirsi piccoli piccoli al di sotto di quelle capriate metalliche che nascondevano un’autentica perla della Marineria. Si, gli ospiti erano appena tollerati e, per tanti aspetti, dopo avere lavorato in Aziende “Operative” posso affermare che avevano ragione sia per motivi di sicurezza che di riservatezza.

Allora non fui in grado di rendermene conto e mi dispiacque molto quando ci allontanarono dalla zona di lavoro.

Fummo condotti in un ufficio/laboratorio. Doveva essere la “tana” di Donatello, dove in scala ridotta, naturalmente, potemmo prendere visione del “Mostro” in lavorazione e di altri “battelli” più avveniristici. Frutto, forse, di una fantasia fertile e capace di anticipare i tempi.

Purtroppo lasciai Messina proprio nel periodo in cui furono fatte le prove di navigazione e non ebbi il tempo e la possibilità di potere “volare” con quel battello, “l’Aliscafo”, sul mio Mare.

Peccato!

Ultima modifica il Lunedì, 10 Ottobre 2016 08:00
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