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Chiesa S.Maria di Trapani

- di Mons.Foti -

Il piccolo oratorio di S. Maria di Trapani sorge, a circa tre chilometri dalla circonvallazione, a Messina, in fondo alla vallata del torrente che dalla stessa chiesa prende il nome di Torrente Trapani.

Le sue origini non sono ben conosciute, ma sono certamente antiche e legate al culto di una immagine marmorea collocata in una nicchia ad opera, forse, di qualche anacoreta che in quel luogo si era ritirato a vivere solitario. Il nome si spiega col fatto che la sacra immagine richiama quella che si venera nella città di Trapani e che, secondo una tradizione, dall'oriente era diretta a Pisa, ma approdò nella città siciliana, dove rimase e della quale divenne la patrona.

Questa chiesetta entrò nella storia con l'arrivo a Messina, nel 1531, dei Padri Cappuccini, i quali presero la loro prima dimora precisamente in un conventino che si costruirono accanto all'oratorio. Vi stettero, però, soltanto pochi anni, perché si trasferirono, poi, più vicino alla città sul colle che ancora oggi porta il nome di "Cappuccini", benché su di esso risiedano ora i Padri Gesuiti, per i quali è stato costruito dall'Arcivescovo Angelo Paino l'Istituto Ignatianum.

Il conventino di S. Maria di Trapani, dopo la partenza dei Cappuccini, rimase per qualche tempo abbandonato, sino a diventare rifugio di gente sospetta. L'Arcivescovo lo affidò perciò, anche allo scopo di ottenerne la custodia, a pie persone e, nel 1654, é segnalata la presenza di due Spagnuoli che vi conducevano vita eremitica. Il loro esempio mosse altri e il numero cominciò a crescere, specialmente dopo che della famiglia entrò a far parte P. Saverio Amato, sacerdote di santa vita, molto apprezzato, che fece crescere il prestigio di quel ritiro.

Egli organizzò la piccola comunità distribuendo il tempo e la vita di preghiera, di penitenza e di lavoro secondo la regola di S. Pacomio. La cosa fu molto apprezzata dai Messinesi, i quali aiutarono con molte elemosine quei religiosi per ampliare i locali e suscitò emulazione in altri, che, seguendone l'esempio, fondarono nuovi romitori, sparsi sui colli della città.

L'Eremo di S. Maria di Trapani venne considerato come punto di riferimento e modello degli altri eremi, e il P. Saverio Amato fu riconosciuto come maestro e capo carismatico di tutti quei luoghi di preghiera e di penitenza.

A testimonianza del suo prestigio, in una lapide murata accanto al portale si legge: AEREMUS REGIA (Eremo Reale).

Ciò fu anche occasione per la crescita della devozione verso la Madonna di Trapani nel popolo messinese. La sua festa si celebrava con grande solennità nella seconda domenica dopo Pasqua e faceva accorrere all'eremo larghissimo stuolo di cittadini devoti.

Nell'ottocento il fervore dell'eremo, così come degli altri romitori, cominciò a declinare, e quando. aopraggiunsero le leggi del 1866 c'era solo qualche frate. Quelle leggi, comunque, segnarono ufficialmente la conclusione della storia dell'eremo.

Non però la fine della storia della chiesetta, la quale continuò a essere officiata e curata grazie all'interessamento della Confraternita di S. Maria di Trapani, sorta sin dal 1670.

Quando la chiesa fu gravemente danneggiata dal terremoto del 1908, se ne addossò le spese per la riparazione la famiglia Guarnera, cui l'Arcivescovo D'Arrigo l'affidò con scrittura privata del 18 maggio 1910, registrata il 19 dello stesso mese, concedendo lo "jus patronatus" con tutti i doveri e i diritti che esso comporta, e riservandosi il diritto di nominare il custode. La confraternita da parte sua continuò a curare la celebrazione della festa annuale con immutato concorso di devoti della Santa Vergine.

Ultima modifica il Domenica, 16 Ottobre 2016 14:28
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