Login to your account

Username *
Password *
Remember Me
rfodale

rfodale

MESSINA (23 sett.) – Senza sosta l’attività del Teatro di Messina che, con un allestimento raffinato
firmato da Francesco Torrigiani, oggi presenta l’ennesima nuova produzione portata a termine nel
periodo estivo, in collaborazione con la Fondazione “Taormina Arte Sicilia”. Un’intesa quest’ultima
deliberata e sottoscritta lo scorso mese d’agosto e che tende, nell’ambito di una programmazione di
largo respiro, a proiettare l’Ente teatrale messinese verso un contesto sempre più ampio.
Nell’ambito del “Bellini International Context 2023”, promosso e coordinato dall’Assessorato
regionale del Turismo, dello Sport e dello Spettacolo, nuovamente in scena al Vittorio Emanuele la
grande Opera, con la Norma di Vincenzo Bellini.
“Siamo lieti di poter offrire alla nostra comunità un’altra Opera di nostra produzione – dichiara il
Commissario straordinario dott. Orazio Miloro – in un Teatro che dopo il duro lavoro di questi anni si
presenta finalmente in forma e che, con la “sua” Orchestra, intende intensificare le attività artistiche
che rappresentano la tradizione del Vittorio Emanuele. Grazie alla consolidata sinergia ed
all’attenzione riservata dall’Assessore regionale on. Elvira Amata – prosegue Miloro – il nostro Teatro,
e più in generale Messina, saranno anche quest’anno protagonisti di primo piano nel panorama di un
festival divenuto ormai di caratura internazionale. Dopo l’esperimento riuscito con la Tosca di Giacomo
Puccini confermiamo l’apertura alle scuole secondarie di 1° e 2° grado ad indirizzo musicale delle prove
generali. Una strategia risultata vincente, che avvicina i giovani, accompagnati dai loro insegnanti, alla
grande Musica ed al loro Teatro. Per raggiungere i numeri che il Vittorio Emanuele può vantare nelle
ultime stagioni, infatti, è stato necessario studiare con attenzione le varie componenti di un’utenza
estremamente variegata, tanto quanto la società civile che la esprime. I ripetuti sold-out del Vittorio –
conclude il Commissario straordinario – non sono soltanto il termometro della buona salute di
un’azienda culturale produttiva, ma rappresentano il frutto di una precisa direzione dettata dalla
responsabilità del ruolo pubblico che l’Ente riveste”.
"Siamo ben felici di proseguire la nostra collaborazione con il Bellini International Context - dichiara il
Sovrintende avv. Gianfranco Scoglio - una manifestazione che tanto apprezzamento e tanta

Ente Autonomo Regionale Teatro di Messina
Teatro Vittorio Emanuele via Giuseppe Garibaldi snc 98122 Messina

+39 090 2408823 Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. partita iva 0 194 097 083 1
attenzione è riuscita ad attrarre grazie alle sue proposte, sempre pregevoli e di assoluta qualità,
concepite (come sono state) nell’ambito di un disegno complessivo sapiente, mirato a valorizzare, nel
nome del Cigno etneo, lo smisurato patrimonio di bellezza e di cultura dell’intera Sicilia. Nella scorsa
edizione – prosegue Scoglio – “DiNcAnTo - Passi di danza sull’opera belliniana”, prodotto dal nostro
Teatro insieme con il Balletto di Roma con le raffinate coreografie di Massimiliano Volpini, è stato
lungamente applaudito al Teatro Massimo di Catania. Quest’anno è la volta del capolavoro per
antonomasia, quella “Norma” che dal 26 dicembre 1831, ovvero dalla “prima” al Teatro alla Scala di
Milano, incanta il pubblico internazionale, non solo i melomani. In mani sicure e di riconosciuta
eccellenza sono state poste la direzione e la regia dell’opera, affidate rispettivamente a Giuseppe Ratti
e Francesco Torrigiani (con le scene di Francesca Cannavò, i costumi di Lisa Rufini e il disegno luci di
Gianni Pollini), che sapranno - in forza della vicenda che il librettista Felice Romani riprese da Soumet e
della magistrale partitura lasciataci da Bellini – far vibrare le corde intime e più segrete dell’animo degli
spettatori messinesi. Di livello assoluto – conclude il sovrintendente - la compagnia di canto, scelta -
come il resto - dal Maestro Matteo Pappalardo, coordinatore artistico di produzione, che vede Klara
Kolonits e Stefano Secco nei ruoli principali (Norma e Pollione); con loro, Alessia Nadin e Gabriele
Sagona nei panni di Adalgisa e Oroveso. Da rimarcare, ancora, il contributo che non mancheranno di
offrire tanto l’Orchestra del Teatro peloritano che il Coro Lirico “Francesco Cilea”, da sempre “pilastri”
delle nostre produzioni e garanzia di affidabilità e qualità."
La prova generale - esclusivamente aperta alle scuole - si terrà lunedì 25 settembre alle ore 18,
mentre si prevede il tutto esaurito per le due recite in programma mercoledì 27 e venerdì 29
settembre, con inizio alle ore 21.

https://www.teatrovittorioemanuele.it/evento/norma/

- Di Giuseppe Messina -

Forse molti messinesi non se ne rendono conto, ma la realtà è che essi sono diventati
più poveri poiché hanno perso un sognatore che faceva sognare, un uomo libero, un
coraggioso che amava la sua città.
Nico Zancle, l’attore, il regista, il poeta, l’organizzatore di tante manifestazioni
culturali ad alto livello, ci ha lasciati per sempre ed io mi rendo conto di aver perso
un grande, fraterno amico. Ci eravamo sentiti poco tempo fa telefonicamente e in
quella occasione mi ha detto che appena si sarebbe rimesso avremmo dovuto
organizzare una iniziativa artistica. Purtroppo la Parca maligna ha reciso il filo della
sua vita. C’è sempre una promessa che, per un qualsiasi motivo, ci è impedito di
mantenere e a lui è stato impedito di mantenere la sua. No, non possiamo mai più
realizzare quel suo desiderio, eppure sarebbe stato bello ritrovarci ancora sulla stessa
scena come in passato in tante occasioni, fin da quando sull’“Italo Bosforo”, a
Messina dove, giovanissimi, ci eravamo conosciuti frequentando l’accademia
artistica – culturale “Amici della Sapienza” fondata da un comune amico, l’avvocato
Nunzio Giordano Bruno che ci faceva leggere i nostri versi di poeti principianti.
Sembra ieri quando le nostre strade si divisero, lui a Roma alla scuola di cinema del
grande Luchino Visconti ed io alla ricerca di me stesso sulla via delle arti, fino a
ritrovarci ancora, dopo anni, come fratelli, per realizzare sogni e per fare sognare.
Adesso, confesso che mi sento abbandonato e più povero poiché la sua assenza non è
di facile sopportazione. Era sempre presente. Bastava una telefonata. Vorrei fosse
soltanto uno dei suoi scherzi a sorpresa.
Purtroppo la realtà non è uno scherzo e gli umani sottomessi alla gravità del tempo
e dei malanni siamo costretti a chinare il capo davanti agli eventi non sempre
benevoli ed edificanti. Soltanto ciò che abbiamo prodotto di buono, di utile e di bello
in vita ci potrà salvare dall’oblio e rimanere nel cuore e nella mente di chi ci ha
apprezzato ed amato.
Nico Zancle è stato artista passionale, disinteressato agli averi, ha badato a
realizzare sogni che, certamente resteranno nella mente e nel cuore di chi ama la
bellezza espressa dall’arte. Dall’altra parte Nicola Mancuso, il comandante dei V.V.
U.U. reparto Annona ha lasciato un segno indelebile di professionalità onorata con il
senso del dovere e dell’abnegazione spesso rischiando di persona in un ambiente a
volte ostile. Un uomo artista ed un artista uomo la cui umanità può certamente essere
vanto per amici e conoscenti, ma soprattutto per tutti i suoi cari a cui va il mio
fraterno affetto in questo momento di grave dolore. Addio carissimo fraterno Nico.


Martedì 5 Settembre 2023, presso il suggestivo “Maschio Angioino” di Napoli, si è
tenuta la cerimonia di premiazione della X Edizione del Premio Internazionale Socio-
Artistico-Letterario “L’Ambasciatore del Sorriso”, presentato magistralmente dal
poliedrico artista Angelo Iannelli.
Davanti ad una gremitissima platea, il già pluripremiato poeta e scrittore messinese
Renato Di Pane ha ottenuto il 1° posto nella Sezione “Poesia in Vernacolo” con la
lirica intitolata “E nun ci sî chiù…”. dedicata alla madre recentemente scomparsa.
Queste le parole di un emozionatissimo Di Pane:
“Un primo posto che per me vale più di tutti i riconoscimenti letterari ottenuti finora,
poiché ho scritto questa poesia dedicandola a mia madre che, sono certo, da lassù mi
starà sorridendo…”.

Giuseppe RANDO

- Dove si è svolto, di grazia? A Palermo?
- NO.
- A Catania?
- NO.
- A Messina? NO.
- Insomma, dove?
- A San Pier Niceto, San Peri per chi ama il dialetto. Il primo Festival della Fiaba
siciliana si è svolto nella tarda serata di lunedì 21 agosto 2023, nel fresco atrio comunale
di San Pier Niceto, il ridente comune collinare della zona ionica della provincia di
Messina, a cui spetta, dunque, la primazìa assoluta, che resterà forever.
E va subito detto che questo primo Festival della Fiaba è nato, a San Pier Niceto, come
altri significativi eventi dell’estate, per iniziativa del prof. Giuseppe Ruggeri, assessore
alla cultura, che ha trovato nel sindaco Nastasi, nella Giunta e nell’intera
Amministrazione Comunale i più convinti sodali, ma anche grazie al fattivo,
concomitante interesse per l’argomento, dimostrato dalla prof.ssa Antonella Nuccio.
A nessuno sfugge, invero, l’importanza di un Festival della Fiaba, che poggia, in
particolare, sulle “Fiabe Siciliane” della messinese (di padre svizzero) Laura
Gonzenbach, pubblicate dapprima in tedesco a Lipsia nel 1870, quindi rilette – più di un
secolo dopo – dal messinese (di Sant’Agata di Militello) Vincenzo Consolo e pubblicate
nel 1999, presso Donzelli Editore, a cura di Luisa Rubini.
Non per nulla, l’evento è stato presentato in locandina come “LCF LAURA E
CATERINA FESTIVAL”, con sottotitolo “San Pier Niceto e la Fiaba. Prima Edizione”,
dove Laura è appunto la Gonzenbach mentre Caterina rinvia alla sampietrese Caterina
Certo, una delle “narratrici”, cioè delle donne del popolo dalla cui viva voce la
Gonzenbach apprese le fiabe che trascrisse. Tale opera non divenne mai popolare in
Italia, anche perché circolò, per più di un secolo un secolo, in tedesco, e la sua ri-
traduzione dal tedesco in italiano, presso Donzelli, non ha finora incontrato – a quanto
pare – i favori del grosso pubblico
È chiaramente una delle contraddizioni di cui è piena la storia non solo letteraria:
un’opera non comune viene letta ab origine solo in Germania, in versione tedesca, da
lettori che probabilmente non avevano alcun interesse particolare per le cose siciliane,
mentre viene di fatto ignorata, per più di cent’anni in Italia (e in Sicilia), dove forse
avrebbe affascinato i lettori. Né i manuali in uso nei licei hanno mai dato alle “Fiabe
siciliane” della Gonzenbach lo spazio che meritano. C’è, pertanto, da credere che il 99%
dei messinesi stessi ignori persino il nome della concittadina Gonzenbach a cui si deve
la più ricca raccolta di fiabe siciliane. Anche per questo non si finirà mai di lodare
l’innovativo progetto del Comune di San Pier Niceto, che prevede una serie di
convegni, a scadenza più o meno ravvicinata, su San Pier Niceto e la Fiaba, per
l’appunto.
Il convegno sampietrese si è svolto nel più sereno e coinvolgente dei modi: l’assessore
Ruggeri ha esaltato il recupero delle radici, anche attraverso le fiabe popolari, come

insostituibile sostegno culturale offerto ai giovani di oggi, altrimenti «sperduti in un
mondo privo di senso»; il sindaco Nastasi ha ribadito la sua convinzione sulla cultura
come motore non solo culturale ma anche economico e sociale di San Pier Niceto e
della Sicilia tutta; la professoressa Antonella Nuccio, Presidente dell’Associazione
Terreforti, ha presentato gli illustri relatori del convegno, evidenziando l’origine
sampietrese di Caterina Certo, una delle “narratrici” del libro della Gonzenbach; la
professoressa Rossana Maranto, Direttore artistico di Illustramente, ha tenuto la
relazione principale ricostruendo, con acribìa, chiarezza espositiva e dovizia di
particolari, le vicende che hanno portato lei e la professoressa Anna Maria Amitrano
Savarese, sua cara amica, a recuperare le fiabe di ogni città della Sicilia per farne il
principale strumento didattico e formativo della letteratura per l’infanzia; il professore
Claudio Savarese, figlio della compianta docente universitaria, ha offerto un quadro a
tutto tondo della madre, evidenziandone la generosità culturale, il rigore scientifico e
l’instancabile impegno per la difesa delle tradizioni popolari non solo in Sicilia ma
anche nell’Italia intera; la professoressa Valentina Raffa, docente di Sociologia politica
presso l’Università di Messina, ha tracciato un quadro esaustivo della tradizione
folklorica dell’Ottocento in Sicilia, con particolare riferimento al libro della
Gonzenbach e alla innovativa funzione che la donna viene ad assumere in quel contesto;
la dottoressa Stefania Ruggeri, cui si deve la bella locandina, ha illustrato il connubio di
parole e immagini come fondamentale codice comunicativo di ogni libro di fiabe che
voglia catturare l’attenzione dei piccoli lettori, in ispecie.
Quanto dire che il selezionato pubblico presente ha avuto modo di partecipare a un vero
e proprio cenacolo culturale, nella serata del 21 agosto 2023, a San Pier Niceto.

Da attempato professore che impazziva, da giovane, per Paoli, Tenco,
Faber, Battisti, Dalla e tutti i grandi cantautori degli anni Sessanta-Ottanta,
non mi lascio facilmente attrarre dalla musica pop, oggi dilagante, né
tampoco dagli attuali rapper che sciorinano canzoni zeppe di parole in
rapida successione (difficili da ricordare) e di ritmi seriali, banali, tutti
uguali: l'ultima, degna - secondo me - canzone italiana è, per il giro
armonico originalissimo, quella recente di Marco Mengoni. Tanto che, da
anni, non seguo più, nemmeno in televisione, alcun concerto pop.
Ebbene, ieri sera, mi sono lasciato travolgere, insieme con mia moglie e
con molti sampietresi, dalla musica, dalle canzoni, dalle battute, dalla
magistrale performance, insomma, di Luciano Fraita, che non conoscevo e
che mi si è rivelato un vero, non comune, showman siciliano (mi ha fatto
pensare talvolta a Fiorello) , nello spettacolo tenuto a San Pier Niceto, nella
spaziosa Piazza Certo. Ho apprezzato soprattutto la capacità di Fraita di
tradurre in ritmi accelerati (tra boogie-woogie, rock 'n roll, jazz perfino)
certe orecchiabili, lente, diluite musiche slow degli anni Cinquanta e
seguenti, e di suonarle magistralmente sulla sua tromba.
È pertanto doveroso augurare al maestro Fraita e alla sua band un duraturo
successo su scala nazionale e oltre: onore al merito.
Grazie, anche, ovviamente al sindaco Nastasi e all'amministrazione
comunale che hanno regalato ai sampietresi uno spettacolo davvero
eccezionale.


Siamo a Sanremo, ridente cittadina in provincia di Imperia, nota al grande pubblico perché dagli
anni della TV in bianco e nero la RAI proponeva il festival della canzone italiana. E lo fa ancora.
Certo, il “format” della trasmissione si è evoluto con il tempo e con la tecnologia. E’ diventato,
soprattutto in questo ultimo decennio uno dei pochissimi “cavalli di battaglia” della rete
“ammiraglia” della RAI. Sanremo è anche la sede del Casinò municipale, una sede che ha da molto
da offrire. Lo dimostra il fatto che per ricordare il 90° anniversario del Regio Decreto di fine
dicembre 1927 (e la sua successiva conversione in legge), con il quale si sanciva l’apertura, sia
stato pubblicato il volume “Agosti-De Santis; dall’azzardo alla cultura del gioco” (De Ferrari
editore). Curato dalla Dott.ssa Marzia Taruffi, il libro ripercorre la storia a tutto tondo di questa
imponente costruzione, realizzata all’epoca dal Podestà Pietro Agosti e dall’allora gestore della
Casa da Gioco (il ficheur), il partenopeo Luigi de Santis, i quali, ciascuno per la propria parte, nei
pochi anni in cui collaborarono insieme (a fine aprile del 1930 il primo venne meno), gettarono le
basi per trasformare la Casa di Gioco in un’azienda funzionale all’immagine turistica della Città,
con la vocazione sia di leadership internazionale per gli amanti del gioco sia di volano per il
territorio. Aspetti, che racchiudono ancora oggi il concetto di ottimizzazione delle potenzialità del
Casinò come polo culturale. Il 1929 fu un anno di successi, nel campo culturale: venne inaugurata,
nel maggiore salone, la stagione dei Balletti Italiani; tanti i conferenzieri illustri invitati nei “Lunedì
culturali”, curati dal poeta Luigi Pastonchi; per portare il saluto della Casa da Gioco lo stesso Luigi
de Santis, il 27 febbraio 1933, accolse Sua Eccellenza l’ambasciatrice Alice Garret, consorte
dell’Ambasciatore degli Stati Uniti a Roma, che tenne una conferenza sul tema “Pittura
contemporanea”. Nell’immaginario collettivo il Casinò spesso viene assimilato unicamente al
luogo dove si gioca d’azzardo. Poco conta se si dispone di soli 20 euro da destinare alle slot
machines oppure di una cifra con almeno cinque zero che, trasformata in lucenti fiches, passa dal
piatto della roulette a quello dello chemin de fer; il concetto è sempre lo stesso: tentare la fortuna.
In realtà, come emerge dall’analisi storica la cultura, nell’accezione più ampia della parola, è nel
“DNA” del Casinò. I Lunedì culturali sono diventati i “Martedì letterari”, di cui la Dottoressa Taruffi
è l’anima oltre che la responsabile. Lunghissima la coda di coloro i quali ambiscono alla sala per
poter parlare al pubblico. Accuratissima la selezione, condotta da un’apposita commissione del
Casinò, per decidere quali eventi culturali hanno le caratteristiche per far parte del programma
annuale.
Il destino vuole che durante l’inverno del 2021, nella Presidenza dell’ANMI (Associazione
Nazionale Marinai d’Italia), giunge, tra le altre, una copia del libro “La laguna taceva”; l’Autrice,
con il garbo che la distingue, spera in una eventuale recensione sulle pagine del “Giornale dei
Marinai d’Italia”, che rappresenta il vettore di comunicazione più concreto inviato ai nostri oltre
33.000 Soci. Spinto dalla curiosità per la particolare tematica che Graziella ha trattato, ovvero

“l’Uomo Luigi Rizzo”, lo leggo con attenzione e, senza alcun dubbio, provvedo alla recensione1. Un
libro, che mi ha colpito per la narrazione empatica che Graziella è riuscita a creare e poi a riversare
con semplicità e naturalezza nelle pagine della sua creatura (ci sono voluti 4 anni prima che
vedesse luce). Forte, quindi, di questo mio breve scritto, la cui pubblicazione è avvenuta poi nel
numero di giugno 2021 (pag. 37), ma soprattutto della conoscenza personale tra il Delegato
Regionale ANMI per la Liguria, l’ex-Capitano di Lungo Corso Pietro Pioppo, e la dott.sa Taruffi
abbiamo avanzato richiesta al Casinò di Sanremo di presentare, insieme a Graziella Lo Vano, “La
laguna taceva”.
Di nuovo, il destino ha voluto che questo sogno si potesse avverare: martedì 15 marzo 2023, ore
16.00, la sala del Casinò municipale di Sanremo, dedicata ai “Martedì letterari”, è piena. Al tavolo
dei relatori il sottoscritto, la scrittrice e la Dottoressa Taruffi, moderatrice. Cala il silenzio. Fatte le
dovute presentazioni a beneficio del pubblico presento brevemente l’Associazione, la sinergia
realizzata con Graziella, l’importanza per noi “Marinai” di far conoscere Luigi Rizzo. Poi è la
moderatrice a “guidare” l’Autrice nella presentazione della sua opera. Mi ha colpito, in particolare,
la versatilità di Graziella e la capacità di trasmettere emozioni al pubblico in sala. Alterna la lettura
di alcuni passi del libro con delle osservazioni puntuali e foriere di riflessioni. E lo ha fatto con
indiscussa bravura perché è riuscita, modulando sapientemente il tono della voce, a impersonare,
rendendole palpabili, le figure di Luigi, di Giuseppina oltreché di quella “fuori campo”. L’esperienza
teatrale le ha lasciato il segno, mi è venuto da pensare. Tanti gli applausi che l’uditorio, durante la
1 La figura di eroe e di grande marinaio dell’Ammiraglio Luigi RIZZO è ampiamente conosciuta soprattutto
nel “mondo” della Marina Militare, ma viene ricordata anche in alcuni settori della società civile. In molti testi
sono raccontate le sue imprese, fra le quali spicca quella del 10 giugno 1918 al largo di Premuda, nella quale
attaccò e affondò la corazzata austriaca Szent István. In questo giorno, come noto, ricorre la festa della Marina
Militare. Il libro “La laguna taceva” descrive, però, soprattutto l’uomo, con le proprie emozioni , sensibilità,
preoccupazioni e sentimenti. L’Autrice, grazie ai ricordi raccolti dalla contessa Guglielmina Maria Rizzo di
Grado e di Premuda, figlia dell’Ammiraglio Rizzo, descrive con naturale semplicità e incisiva intensità alcuni
anni della vita di colui che sarebbe, poi, divenuto un eroe.
Il romanzo, ambientato durante la Prima Guerra Mondiale, ha come cornice Grado, cittadina ora del Friuli
Venezia Giulia, che però in quegli anni era terra di confine, tanto contesa, divenendo teatro di momenti difficili
per le famiglie italiane. Il protagonista principale è il giovane tenente siciliano Rizzo, che, animato da un
convinto patriottismo, si fa apprezzare dai suoi Superiori per le sue indubbie elevate qualità militari. Come
personaggi di rilievo spiccano Giuseppina Marinaz, fidanzata e poi divenuta moglie, e il padre di Lei, il dottor
Angelo Marinaz. Entrambi risultano fondamentali per il ruolo che hanno nel romanzo. Alcuni flash relativi
all’infanzia di Luigi Rizzo, come il giocare con gli amichetti con le nocciole e i bottoni, che una volta finiti
venivano staccati di nascosto dal vestito, pongono le basi per raccontare l’uomo Rizzo. Riporto solo alcuni
particolari aspetti, allo scopo di rendere l’idea delle qualità umane raccontate. Il corteggiamento a Giuseppina,
condotto sempre in modo molto attento nel parlare e nell’assumere atteggiamenti e comportamenti idonei per
non rischiare di rovinare un legame appena avviato, la decisione di sposarsi prima di momenti peggiori per
assicurare un sostentamento economico alla moglie in caso di sua morte, la giovanile goliardia di utilizzare una
bicicletta per giungere in chiesa in tempo per il matrimonio, la sensibilità mostrata nei riguardi di Fifì, un cane
randagio visto in difficoltà e poi divenuto il suo fido amico e mascotte.
Giuseppina, figura femminile di grande spessore e coraggio nonostante la giovine età, che poco più che
diciassettenne (insieme ad altre “mamole”) issa il tricolore sulla sommità del campanile della chiesa di Santa
Eufemia per far sapere ai soldati italiani che gli austriaci si erano ritirati da Grado. Innamorata di Rizzo, gli è
sempre vicina. Profonda tenerezza suscita l’immagine nella quale Giuseppina, scappando in fretta da Grado
subito dopo il matrimonio, vede cadere in acqua e scomparire dalla sua vista il baule, che contiene tutta la sua
dote da sposa. Il dottore Marinaz rappresenta la fierezza dell’italianità, che essendo stato costretto dagli
Austriaci, come tutti i connazionali, a modificare il proprio cognome (quello originario era Marina), decide di
continuare a esercitare la propria professione nella profondo rispetto della deontologia professionale, per la
quale un medico interviene a prescindere dalla nazionalità del paziente. Il romanzo, la cui lettura scorre facile,
ci fa scoprire le belle qualità umane dell’Ammiraglio Rizzo, che non a molti erano note, e l’importanza di un
amore vero e così forte, che consente di superare ogni ostacolo.

presentazione di quasi due ore, le ha tributato. Un successo confermato anche dall’immediata
vendita delle copie dei libri che l’editore (Armenio) aveva provveduto a far giungere al Casinò.
L’Autrice su ognuna non si è risparmiata di apporre dedica e firma.
Non so dire se l’ANMI tornerà, presto o tardi che sia, ai “Martedì letterari” del Casinò municipale
di Sanremo, magari con la presentazione di un’altra opera libraria appartenente alla nostra
“dimensione”. Questa bella esperienza comunicativa, svolta in una famosa Città di mare, spinge a
esaminare la possibilità di portare “la laguna taceva”, ovviamente potendo contare sempre sulla
disponibilità di Graziella, sui monti. Presso cioè quei Gruppi dell’Associazione, dove in inverno la
neve è di casa. Far conoscere questo nostro eroe, che ha indossato con orgoglio l’uniforme di
Ufficiale di Marina, e soprattutto l’uomo Rizzo con i suoi sentimenti e le sue emozioni, che ne “La
laguna taceva” vengono presentati con particolare maestria, è un impegno che l’Associazione
Nazionale Marinai d’Italia è pronta ad assumere.

IL PRESIDENTE NAZIONALE
Amm. sq. (r) Pierluigi ROSATI

INTERVISTA (terza puntata)

- Non ci tenga col fiato sospeso Professore. La preghiamo di continuare.
- Ero come ubriaco: «Mà, Mà, Cupaiuolo torna a Napoli e mi vuole portare con sé.
Mà, ci pensi? Diventerò professore di latino nell’Università di Napoli». «E noi come
faremo?» disse subito mia madre, con le lacrime agli occhi.
Non ci avevo pensato: sono stato sempre più pronto a volare che a considerare gli
eventuali intoppi al volo: «Ma io vi mando sempre i soldi ogni mese, là prenderò lo
stipendio di assistente». «E non devi pagarti la casa, farti la spisa, comprarti i vestiti,
i libri, i giunnali? Farai ‘na mala vita tu e facciamo ‘na mala vita noi. Poi ti pigghia
‘na bedda fimmina ‘i Napuli …, e cu si vitti si vitti. Pensaci, fighhiu». E piangeva.
Mia madre, mia madre. Ah, mia madre. Ancora mi commuovo nel pensarla. Che
donna. Un affetto profondo. Un legame di quelli indissolubili che si stabiliscono, di
norma, tra madri e figghi masculi in Sicilia. Mi aveva insegnato a leggere e a
scrivere prima che andassi alla scuola elementare: al tramonto, seduti io e lei,
accanto alla sua macchina da cucire, che stava sotto la finestra della camera da letto,
illuminata dai raggi del sole calante sulla campagna: buon profumo, pulizia, nitore,
armonia, delicatezza! Avevo meno di quattro anni e non posso sbagliare perché non
era ancora nato mio fratello; lei mi comprava ogni settimana il “Correre dei Piccoli”
e me lo leggeva, illustrando i fumetti col dito; io mangiavo tutte le sue parole,
associandole alle parole scritte sul giornaletto e ai fumetti su cui passava il suo dito
lungo, affusolato, da regina. Qualche mese dopo, non so come e perché, sapevo
leggere e scrivere. Mia madre mi ha pure insegnato la prima poesia («Avevi due
anni – diceva – ma forse esagerava»): «Lunga fila di casine / Con fineste (sic) e
pollicine (sic) / Passa via con pampatore (sic) / Taspottando (sic) il viaggiatore».
Ovviamente, le «fineste» erano le finestre e le «pollicine» le porticine; così come
«pampatore» stava per «gran fragore» e «taspottando» per trasportando. Aggiungeva
lei stessa, peraltro, che, qualche giorno dopo, io, arrivando a «taspottando» mi
fermavo, come se la poesia finisse lì. Al che lei: «taspottando»? E io ridendo: «il
viaggiatore». Era forse, a ben pensarci, la prima forma di interazione, di
interlocuzione, se non di amore, tra me e la persona amata.
Come si faceva a non prendere in considerazione il pianto di questa mamma?
- E che ha fatto, Professore?
- Sono rimasto a lungo indeciso: oscillavo tra le due ipotesi: restare o partire? Poi, il
caso (il destino? il Padreterno?) mi ha dato una mano. Questa volta, il caso-destino-
Padreterno ha preso le fattezze del prof. Franco Scisca, vicepreside, come dicevo, al
“Bisazza” e – aggiungo – assistente volontario alla cattedra di Lingua e Letteratura
Italiana al Magistero.

Una di quelle mattine, in cui, prima del suono della campanella, parlavamo, in
Presidenza, di film, di poeti e di romanzieri, il vicepreside mi disse: «Professore, lei,
ancora così giovane, è già arrivato al Liceo; potrebbe intraprendere la carriera
accademica; perché non viene al Magistero dove c’è un giovane professore che
vuole fondare una scuola? La presenterò io stesso al prof. Colicchi».
E io, con la mia solita ingenuità: «Ma sono stato ternato nel concorso per assistente
di Latino alla Facoltà di Lettere e sto aspettando che arrivi il posto. Anzi, proprio
ieri, il prof. Cupaiuolo che torna a Napoli, mi ha proposto di andare con lui a
Napoli».
A questo punto, Scisca mi si rivolse come un padre al figlio: «Professore, uno come
lei, a Lettere, se lo mangiano»! Una frase, questa – come l’altra di Anthos Ardizzoni
– che non si dimentica e che infine orienta, se non determina del tutto, la vita di un
giovane: evidentemente, il vicepreside aveva colto un aspetto fondamentale – forse,
l’ingenuità mista alla genuina, ma sprotetta, volontà di sapere – della mia personalità
e, da uomo scafato, consapevole dei modi di vita altoborghesi – il fratello era
peraltro un alto magistrato della città –, certamente esperto delle logiche clientelari,
non meritocratiche né trasparenti, perlopiù operative nell’Università, volle mettermi,
paternamente, in guardia. E non c’era mattina che non mi invitasse a seguirlo alla
Facoltà di Magistero.
Alla fine, comunicai a Cupaiuolo e a mia madre la mia decisione di restare a
Messina e mi recai al Magistero col mio mentore, che mi presentò al Prof. Calogero
Colicchi, il quale sorridendo mi accolse «nella famiglia», affidandomi subito il
compito di correggere un tema svolto da una studentessa (che corressi con
particolare scrupolo!) e, dopo qualche giorno, mi nominò assistente volontario alla
Cattedra di Lingua e Letteratura Italiana della Facoltà di Magistero dell’Università
degli Studi di Messina: percepivo lo stipendio intero di professore del “Bisazza” e il
25% , mi pare, dello stipendio di assistente. Qualche mese dopo, fu bandito il
concorso nazionale per assistente ordinario in quella Facoltà; vinsi (insieme con altri
due) e fui chiamato immediatamente da Colicchi, dimettendomi ovviamente da
professore della Scuola Superiore.
Oggi, non posso non considerare la mia fortuna: all’epoca, entravano facilmente
all’Università i «figli di papà» o coloro che si acconciavano a «servire» un politico o
un «maestro» reale o presunto; laddove io ero stato accompagnato per mano, nel
mio insolito percorso, da figure veramente paterne che mi avviavano generosamente
– bontà loro – nel mondo accademico.
Qui comincia, dunque, la storia della mia attività universitaria, che riflette, come
cartina al tornasole. le vicende dell’italianistica, in Italia, tra prima e seconda
repubblica, e che merita un più lungo discorso. Ma fermiamoci qua. Sarà per la
prossima puntata.

San Pier Niceto, il comune dell’entroterra tirrenico della provincia di Messina a una trentina di
chilometri dalla città capoluogo, si segnala viepiù come luogo accogliente, aperto, luminoso, ricco
di splendori artistici – le sue dieci chiese, perlopiù settecentesche, conservano affreschi, statue,
altari barocchi di eccezionale bellezza – e di incantevoli paesaggi naturali.

Isgrò 1
Ieri sera, a incrementarne il fascino, vi si è svolto un evento che scavalca di fatto ogni altra
contingenza locale, messinese e siciliana, per proiettarsi decisamente nella storia: l’amministrazione
comunale, guidata dal sindaco Domenico Nastasi, su impulso, in ispecie, dell’assessore alla cultura
Giuseppe Ruggeri, ha concesso all’unanimità la cittadinanza ordinaria allo scrittore, artista e
drammaturgo Emilio Isgrò, noto in Italia e all’estero, anche per la rivoluzione delle famose
«cancellature». Quanto dire, in primis, che San Pier Niceto ha acquisito di fatto, con questa
iniziativa, una rilevanza internazionale.
L’eccezionale artista Emilio Isgrò vanta – lo ha fatto anche ieri sera – origini sampietresi, dacché
sampiroto era il padre e a San Peri egli stesso, nato a Barcellona Pozzo di Gotto, ha vissuto la sua
infanzia fino all’adolescenza a contatto col nonno di cui porta il nome, un barcellonese invero, ma
sposato con una sampirota e divenuto, dunque, cittadino di San Pier Niceto. Dalla frequentazione
col nonno molto arguto e dotato di ironia, ma anche dai colori, dalle voci e dai sentimenti palpabili
della comunità sampietrese, Isgrò dice di aver tratto non pochi stimoli per la sua crescita. Già a sei-
sette anni, in effetti, come ha riferito in un sapido intervento l’amico Sottile Zumbo, Emilio, alla
domanda di un suo amico che gli chiedeva cosa facesse, rispose prontamente: «Io faccio il poeta».
Il Maestro è stato presentato da una qualificata giuria coordinata, con intelligenza, dal noto
giornalista della “Gazzetta del Sud” Vincenzo Bonaventura, nella settecentesca Chiesa di San
Francesco, attigua al Palazzo comunale, ragguardevole anche per l’altare dalle volute barocche e
per gli affreschi spettacolari delle pareti e della volta.

Si sono apprezzati gli interventi a) dell’architetto Nino Sottile Zumbo che ha rievocato particolari
illuminanti della vita di San Pier Niceto nei primi decenni del secolo scorso e della formazione
sampietrese dello stesso Sgrò; b) del critico milanese Gino Di Maggio che si è soffermato sul poeta
Emilio Isgrò e sulla sua cerchia di amici poeti tra Roma e Milano (Quasimodo e Pasolini compresi);
c) della professoressa Valentina Certo che da storica dell’arte ha evidenziato il linguaggio artistico-
culturale delle «cancellature», d) della professoressa Antonella Nuccio il cui libro sulla “Società
operaia di San Pier Niceto” ha propiziato il ritorno in paese di Emilio Isgrò.
In verità, gli astanti hanno potuto constatare che San Pier Niceto non produce solo olio e vino ma
anche cervelli eccezionali (di cui i sampietresi possono menare sicuramente vanto). Si direbbe,
peraltro, ad onor di cronaca, che la narrazione di e su San Peri stia cambiando in meglio.
La cerimonia conclusiva nell’aula del Consiglio comunale, in cui si è ratificata la concessione della
cittadinanza onoraria di San Pier Niceto a Emilio Isgrò, ha chiuso in bellezza, tra un mare di
applausi, la bellissima serata.

Calendario

« Settembre 2023 »
Lun Mar Mer Gio Ven Sab Dom
        1 2 3
4 5 6 7 8 9 10
11 12 13 14 15 16 17
18 19 20 21 22 23 24
25 26 27 28 29 30