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Articoli filtrati per data: Domenica, 02 Aprile 2017

 - di M.C. -

Il 25 marzo è scomparso a Rio de Janeiro in Brasile, città dove viveva, il dottor Sebastiano Cambria, nato a Barcellona Pozzo di Gotto nel 1936. Già ordinario di Neurochirurgia dell’Università di Messina, aveva lavorato nella clinica di Neurochirurgia di Padova e nell’importante clinica di Neurochirurgia  dell’Ospedale La Salpitrier di Parigi, dove aveva svolto attività di ricerca nell’ambito di progetti ministeriali e del CNR.

La notizia della sua morte, diffusasi in città attraverso i social media, e ripresa dal quotidiano locale, è stata poi “ufficializzata” dai necrologi con i quali si annunciava la sua scomparsa e la Messa in suffragio nella Basilica di San Sebastiano il primo aprile. Lascia la moglie Terezinha, i figli Filippo e Vincenzo, la sorella Angelina.

Pubblicato in Comunicati stampa

- di Marcello Crinò -

E’ stato un incontro emozionante quello di sabato 1 aprile all’Università della Terza Età di Barcellona, nel corso del quale è stata rievocata la figura di Carlo Meucci, figlio di Antonio (1808-1889), inventore del telefono. La serata è stata infatti incentrata sulla ricostruzione della vita di Carlo, vissuto anche a Barcellona Pozzo di Gotto, e sepolto a Patti, dove è morto nel 1966.

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Tutto prende le mosse dal libro del giornalista Mimmo Mòllica, nativo di Gioiosa Marea ma vissuto per alcuni anni anche a Barcellona. Il suo libro “Meucci il figlio del…telefono mendicante a Tindari” (Armenio Editore, 2016), getta luce sul questa figura a partire dalla sua data di nascita, che oscilla tra il 3 e il 4 novembre 1872. Su tutti i documenti rilasciati dai Comuni siciliani dove Carlo Meucci abitò e fu registrato anagraficamente risulta essere figlio di Antonino Meucci ed Ester Mochi, vale a dire dell’inventore del telefono e della costumista del teatro La Pergola di Firenze che Antonio Meucci sposò il 7 agosto 1834. Carlo in America rischiava d’essere rapito dalla Mano Nera, e per questo motivo il padre volle affidarlo a una donna calabrese perché lo portasse in Italia.

La serata è stata introdotta dai saluti del Rettore dell’U.T.E. Tanina Caliri e dall’assessore alla cultura Ilenia Torre.

Il primo intervento è stato della professoressa Caterina Isgrò, docente all’U.T.E. del corso su personaggi e le tradizioni della città, dove si era già occupata del caso Meucci. Prima di iniziare a parlare di Meucci, ha voluto ricordare la figura del concittadino Sebastiano Cambria, illustre neurochirurgo scomparso recentemente in Brasile.

Carlo Meucci, ha affermato, ci ha lasciato un ricordo indelebile. Suo padre, che di lavoro faceva il sarto e girava i mercati della provincia, lo aveva trovato su un marciapiede a S. Agata Militello, lo aveva rifocillato  e iniziato una amicizia che lo portò qui a Barcellona, dove spesso era suo ospite a pranzo. “Era gentile, affabile con i bambini, che passavano lunghe serate ad ascoltarlo Non era analfabeta, come si legge in alcuni testi su di lui, parlava bene. Mio padre, ha proseguito, interessò Emilio Isgrò, che allora lavorava al Gazzettino di Venezia, per scrivere un articolo. Fu pubblicato ma in questo momento non si riesce a rintracciare, perché la sede è stata allagata più volte con dispersione del materiale”.

Anche altri giornalisti si occuparono di questa vicenda, come Melo Freni e soprattutto Giuseppe Quatriglio, grande giornalista del Giornale di Sicilia, recentemente scomparso al 95 anni, che lo intervistò, e di cui esiste anche la registrazione audio. Caterina Isgrò ha anche mostrato un eccezionale documento fotografico: la foto del sarto Felice Naselli, che fu molto noto in città per il suo impegno nell’Oratorio Salesiano, assieme a Carlo Meucci.

Il professore Antonino Caccetta, docente di Economia ed Estimo all’Università di Reggio Calabria, studioso di agraria, originario di Raccuja, ha raccontato di essere rimasto appassionato dalla lettura del libro di Mòllica, e nel suo intervento si è soffermato sull’umiltà e la dignità  di Carlo Meucci, che venne a trovarsi in una situazione particolare senza poter avere diritto ad una pensione. La sua vicenda presenta tanti spunti di riflessione sulle problematiche di oggi.

Gli interventi sono stati intercalati dalla lettura di una poesia sull’emigrazione del XIX secolo, curata dalla professoressa Rosalia Lanza.

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Infine l’intervento di Mimmo Mòllica, il quale ha sottolineato le problematiche che ci lascia la vicenda di Carlo Meucci, quali l’esistenza in vita e l’identità incerta, nonostante le certificazioni degli uffici anagrafici dei comuni siciliani in cui visse. Ha ripercorso la sua vita, da quando fu mandato in Italia a quando stabilì la sua residenza in Sicilia, tra Mazara del Vallo, Marsala, Barcellona Pozzo di Gotto (dove, secondo i documenti dell’anagrafe, abitò in via Risorgimento n. 57 dal 27 settembre 1941 al 3 giugno 1942), Sant’Agata Militello e Tindari. Proprio in quest’ultimo luogo, dove era già stato nelle sue peregrinazioni di ambulante, si mise a sedere sulla scalinata del Santuario della Madonna Nera, tra gente semplice e accogliente, gente che non aveva forse mai sentito parlare di Antonio Meucci e dell’invenzione rubata, quella del telefono. A Tindari, Carlo Meucci sentì d’essere arrivato. Costruì alla meglio una baracca di legno e lamiere e sopra, con pennello e vernice scrisse “Al piccolo bazar di Carlo”.

Ha mostrato la foto del loculo del cimitero di Patti dove Carlo è sepolto, il ritrovamento della lapide che staccandosi dal loculo è caduta a terra spezzandosi, e infine il ritrovamento anche della foto cimiteriale, grazie alla collaborazione di persone che si sono impegnate nella ricerca, segno di un rinnovato interesse e solidarietà nei confronti di questo sfortunato personaggio.

Pubblicato in Comunicati stampa

 (nella foto Paola Radici Colace)

-di Rosario Fodale -

Organizzato dal Centro Internazionale Scrittori della Calabria e dal Circolo Culturale “Rhegiun Juliii, si è svolto ieri, presso l’Università per Stranieri “Dante Alighieri” di Reggio Calabria, il Convegno su “Letteratura del Novecento: Pirandello e Alvaro”. Hanno portato i loro saluti il Dott. Giuseppe Nava, Presidente dell’Università per Stranieri e la Prof.ssa Mafalda Pollidori, membro del Direttivo del “Rhegium Julii”. Ha diretto i lavori la Dott.ssa Loreley Rosita Borruto Presidente del CIS.

Hanno relazionato due insigni professori dell’Università di Messina: Paola Radici Colace, ordinario di Filologia classica, sul tema “Pirandello: spazio e tempo dalla fisica al Nichilismo”, e Giuseppe Rando, ordinario di Letteratura Italiana, sul tema: “L’ultimo Alvaro tra politica, giornalismo e letteratura”.

Paola Radici Colace ha evidenziato, attraverso una capillare lettura di testi, come Pirandello abbia scoperto, prima di Einstein e contemporaneamente a Nietzsche, il relativismo e soprattutto la relatività del tempo e dello spazio, pervenendo a una visione nichilistica del mondo, in cui non ci sono più fatti e persone, ma interpretazioni e maschere, indossate da personaggi. Da qui, la rivoluzione culturale pirandelliana e l’invenzione, da parte del genio agrigentino, del teatro contemporaneo. La passione intellettuale e la precisione filologica della professoressa, supportate dagli strumenti informatici, hanno propiziato l’ascolto, in religioso silenzio, della bella relazione ai numerosi, attentissimi astanti.

a2rGiuseppe Rando ha fatto quasi rivivere, con flash incisivi e fulminanti richiami testuali, davanti al folto, partecipe pubblico, quel grande scrittore e grand’uomo che fu Corrado Alvaro: un intellettuale libero, democratico, liberalsocialista, che si tenne sempre lontano dal potere (sia dal fascismo sia dal comunismo), e che fu cristiano, senza essere mai un bieco clericale. Ancorché la sua dignitosa distanza dai centri di potere gli abbia inibito un più vasto successo di pubblico. Il professore si è soffermato soprattutto su L’età breve, da lui considerato «capolavoro assoluto» ed «eccezionale romanzo di formazione», per l’alta istanza morale che lo attraversa (è il primo romanzo della letteratura italiana - e non solo - in cui viene denunciata – nel 1946! –  l’orrenda pratica della pedofilia nei collegi gestiti da preti), per lo smalto inimitabile dello stile e per la compattezza mirabile della struttura; nonché su Tutto è accaduto, romanzo incompiuto, ma affresco originale e graffiante – mai troppo lodato – della caduta del fascismo nel 1943, dentro squarci di vita romana che trasudano miseria morale, opportunismo sistematico, devastante pratica clientelare, edonismo grossolano, sessualità degradata e orgiastica attorno al Capo (Mussolini, qui onorevole «Lamazza», che «in quegli anni stava acquistando una testa fallica» ): «tutte le parabole conclusive di regimi si somigliano» ha chiosato il relatore.

Pubblicato in Comunicati stampa